Aldina DuarteRicordo Aldina Duarte al Senhor Vinho, un locale che va frequentato comunque e che al tempo favorivo perché c’era l’amico Jorge Fernando che vi suonava la viola. Con lui un grande maestro alla guitarra portuguesa, Carlos Macedo. Raccontava che amava costruirsi il suo strumento e così appagava ogni desiderio. Cantava anche, talvolta, preferendo esibirsi nel fado di Coimbra, sua città natale.

Aldina ha una voce squisita, un portamento autentico e soprattutto una grandissima abilità con i versi: la maggior parte dei fado che canta portano le sue parole, talvolta anche la sua musica. Un’artista a tutto tondo. Lo confermò anche in Italia, ospite del festival Sete Sois Sete Luas a Pontedera. Fu un concerto di grande fascino, le qualità vocali di Aldina lo esaltarono e fu straordinario il feeling con la guitarra suonata in quella occasione da uno spirito geniale come Ricardo Rocha, attento anche all’accompagnamento. Parlammo a lungo poi con Aldina: io ho sempre detto che la fortuna di uno spettatore è di potere discutere di quello che ha visto o ascoltato con gli artisti. Ciò serve a ognuno di noi, ma anche a loro, statene certi.

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Come è stato bello conoscere nel grande ventre del Ccb – il centro culturale di Belem, splendido parallelepipedo in mattoni rossi che alla fine degli anni Novanta Vittorio Gregotti ha disegnato dirimpetto al Mosteiro dos Jeronimos senza offenderne la vista – Mafalda Arnauth poco prima che si esibisse in concerto. Persona gentilissima, di grande calore umano, anch’ella poetessa di se stessa. Vede il fado come un movimento in progresso, come qualcosa che, partendo dalle origini, deve misurarsi con il nostro presente e il nostro futuro. Mafalda ha una voce potente, un grande impatto sulla scena.

La preferisco di gran lunga nelle sue cose che non nei classici alla Amalia, dove la stessa bella voce fa qualche capriccio, ha alti e bassi, regge meno. Ma il fado è dentro di lei, si sente. Le ricordo, in quella occasione del 2008 alla quale sono seguiti altri incontri anche in Italia, che ero salito una sera d’estate del 2004 al Castelo de Sao Jorge, invidiabile palcoscenico per una rassegna di fado. Quella sera la conobbi come spettatore dopo averla già ascoltata in disco. Sarà che l’ambiente del castello è talmente entusiasmante da battere qualsiasi dubbio, ma mi sembrò una serata davvero affascinante. La notte era stellata, dai baluardi ancora armati dei cannoni, si vedeva la Baixa piena di luci e movimento.

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Il fado di Mafalda parlava alla luna, ai cuori, il suo vestito nero, lungo, ricordo, e quello scialle strapazzato dalle mani circondavano Lisbona e dall’alto infondevano il loro coraggio, la loro poesia. Il fado non è sempre lo stesso, questo bisogna dirlo. Il fado a Lisbona, nelle case o in questi impressionanti scenari all’aperto, è un’altra cosa. Mafalda ha 35 anni, sta lavorando molto in studio e dal vivo, porta avanti un suo percorso e va stimata per questo, anche per essersi creata attorno una capacità comunicativa senza pari e un sapiente feeling con gli spettatori.

Non conosco personalmente Katia Guerreiro, ma mi piacerebbe. Non solo perché è una cantante che apprezzo molto, ma soprattutto perché su di lei ho avuto dichiarazioni entusiaste da Dulce Pontes e questo lo considero un certificato di garanzia. Di Katia, quindi, al momento posso parlare solo per quel che riguarda le registrazioni e non ha davvero nulla da invidiare al gotha contemporaneo delle voci del fado e neppure perde al confronto con le grandi voci del passato, che hanno forse sì più cuore, ma spesso una tecnica più balbettante. E’ giusto che il fado vada avanti, ma a mio giudizio chi lo ha fatto crescere deve avere sempre e comunque un riconoscimento assoluto: senza i padri i figli non ci sarebbero mai stati. Ma Katia Guerreiro è una buona figlia.

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Ho avuto invece la fortuna di conoscere di persona Ana Sofia Varela, delicata, raffinata, voce da usignolo. Anche per lei (che conoscevo bene per i suoi splendidi album) il contatto è venuto da Jorge Fernando, al Bacalhau do Molho. Vi eravamo andati quando la serata volgeva alla conclusione. C’era ancora gente, ma i giri di fado stavano esaurendosi e Ana Sofia non avrebbe più cantato. Ma Jorge mi fece il regalo di chiamarla al nostro tavolo e di improvvisare per noi un concertino che fu non solo speciale, ma molto interessante. Ana Sofia quasi si scusò per non averci aspettato (ma nessuno sapeva che saremmo arrivati…) e quindi si dedicò a noi (e agli occupanti di tavoli vicini incuriositi di questa performance a richiesta) con grande entusiasmo, aprendo il suo cuore alle nostre curiosità. Il sapore di quel fado lo porterò sempre con me, proprio perché speciale. Ma in fondo, ogni cosa che riguarda questa musica è per me speciale…

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4 Commenti

  1. -Aldina Duarte e il lungo viaggio da Zamora-

    Una decina di anni fa- era una sera di metà estate- mi trovavo a Pisa, senza sapere come passare la serata. Non avevo voglia di tornare a casa e neppure di cenare in città. Faceva caldo e in città c’erano solo i turisti perché la maggioranza degli studenti erano tornati a casa per le vacanze estive. Mentre camminavo vicino alla piazza del mercato delle vettovaglie vidi un piccolo manifesto attaccato a un muro che annunciava che quella sera a Montecastello di Pontedera ci sarebbe stato un concerto di una cantante portoghese nell’ ambito del Festival Sete Sois Sete Luas.
    Da quasi dieci anni due giovani di Pontedera, innamorati del Portogallo e di tutta la sua cultura, erano riusciti a organizzare un festival completamente gratuito a cui avevano partecipato alcuni tra i più famosi artisti e intellettuali.
    Non c’ ero mai stato, per tutta una serie di motivi che andavano dalla pigrizia, al fatto che di solito in quei mesi mi trovavo sempre in Portogallo oppure semplicemente per- ché non mi ero mai ricordato di segnare le date e i luoghi dei concerti.
    Quella volta decisi che lo avrei fatto! Presi la macchina e mi diressi verso quel piccolo paesino che si trova su una collina vicino Pontedera. Parcheggiai la Polo in un campo vicino a dove avevo letto che avrebbe cantato una certa Aldina Duarte. Il manifesto che avevo letto a Pisa diceva che sarebbe stato un a serata dedicata al fado. Ero un poco diffidente:all’ epoca avevo una scarsa conoscenza di questo tipo di musica escludendo alcune cose che avevo sentito cantare da Amalia.
    Un vecchio del paese mi disse che lo spettacolo sarebbe dovuto cominciare verso le nove, ma forse anche più tardi; dipendeva da quando avrebbero finito di montare il palco all’ interno della villa in quel piazzale che si intuiva sbirciando oltre la cancellata e il viale con le siepi di alloro e bossolo.
    Andai a mangiarmi un panino e un bicchiere di vino nell’ unico bar e aspettai che facesse buio.
    Il concerto fu meraviglioso. Venni a sapere che Aldina faceva pochissimi concerti e che il prossimo sarebbe stato tra qualche mese a Zamora nell’ Estremadura spagnola, vicino alla frontiera con il Portogallo, sul palco di un istituto di cultura portoghese.
    Qualche mese dopo ero a Lisbona e mi ero completamente dimenticato di quel concerto, sino a quando quasi per caso non entrai nella vecchia sede della Livraria Bucholtz vicino ad Avenida de Libertade e vidi un libro, Il memoriale del convento di Josè Saramago, i cui personaggi principali, Blimunda e Baltazar sono chiamati anche Sete Sois e Sete Luas. Ripensai al festival toscano di qualche mese prima e andai di corsa a prendere la macchina; sei ore dopo ero a Zamora. Appena arrivato andrai a comprare il biglietto e poi andai a mangiare in un piccolo bar nelle vicinanze. Nella sala da pranzo c’era un gruppo di persone tra cui riconobbi la cantante. Andai da un fioraio nelle vicinanze e comprai dei garofani che lasciai al proprietario del bar, dicendogli di darli a quella signora seduta nella sala.
    Anche quel concerto fu meraviglioso forse ancora più intenso di quello italiano.
    Tornai a Lisbona facendo una strada in mezzo ai boschi.
    Vicino a Caceres c’erano dei tratti in cui affiancavo le dighe e le anse del Tejo.
    Non incrociai quasi nessuna macchina ma ogni tanto vedevo delle istrici e degli scoiattoli e anche un cervo o un daino che tranquillamente attraversavano la strada, annoiati dal fatto di essere disturbate dai fari di una macchina.
    Arrivai a Lisbona che stava albeggiando. Mi fermai a un autogrill e comprai un cd di Aldina e pensai agli occhi del cervo e ad altri occhi di cui non scriverò.

  2. Riccardo sei grande! Sai cogliere e raccontare l’essenza della musica portoghese senza eguali!!
    Vorrei leggerti ogni giorno!!!
    E grazie a te, Luisa Notarangelo e altri comuni amici che ho conosciuto questo autentico paradiso musicale, fatto solo di cuori e passioni, senza nessun consumismo!!

    Grazie, un abbraccio
    Mino M.

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