Privatizzazione dei profitti, socializzazione delle perdite – Parte 2

Il crollo delle borseCari amici, bentrovati! Finivamo la scorsa puntata dicendo del cataclisma dei mutui sub-prime, che nel 2008 cominciava a disintegrare la fiducia nel sistema finanziario e di come, in un mondo globalizzato, dagli Stati Uniti questa crisi si estendeva a macchia d’olio al resto del mondo. E concludevamo notando che le soluzioni che cominciavano a venire proposte, da allora al giorno d’oggi, somigliavano tanto alle cause stesse della crisi, e cioè la creazione di debito su debito. Bè, direi che non ci sono giorni migliori da usare come esempio di quanto sto dicendo.

In queste ore assistiamo ad una tempesta che pare sconvolgere il mondo intero, a partire dalla povera Europa. Ed in particolare dall’Irlanda, che dopo la Grecia giunge ad un passo dal baratro del default, del fallimento. Solo che, a differenza della Grecia, crollata per i bilanci disastrosi, colpevolmente occultati dai suoi governanti, l’Irlanda sta collassando perchè il governo ha dovuto impegnarsi nel salvataggio del suo sistema bancario, o meglio delle sue più grandi banche. E per farlo ha dovuto imporre con un disegno di legge una una tantum che fornisce un miliardario sostegno alle banche, ma che ha fatto lievitare vertiginosamente il suo rapporto deficit\pil addirittura al 32% dal 12%. Cioè hanno pagato i cittadini irlandesi i debiti delle banche del loro stato. Come dice il titolo della nostra puntata, si sono socializzate, cioè scaricate sulla società, le perdite di chi ha fatto utili privati, cioè appunto le banche.

“Sono ben consapevole che tali misure avranno un impatto sul tenore di vita di tutti”, ha dovuto ammettere Brian Lenihan, il ministro delle Finanze irlandese. Questo è l’unico modo per garantire il futuro benessere economico della nostra società”. Benessere? Ma saprà questo signore cosa voglia dire questa parola? Seppellire sotto un debito pro-capite mostruoso, e tagliare lo stato sociale, si può chiamare benessere?

In queste ore si discute disperatamente di questa situazione, che probabilmente richiederà un salvataggio, come per la Grecia, da parte dell’unione europea e del FMI. Si parla di qualcosa come 90 miliardi di euro per l’Irlanda, e di altri 50 per le sue banche! Per la Grecia erano stati stanziati 80 miliardi dalla Ue e 30 dal FMI.
E questa situazione disperata sta trascinando in un vortice gli altri stati, cosiddetti PIIGS, quelli con i bilanci più a rischio, cioè oltre a Grecia e Irlanda, il Portogallo, la Spagna e pure l’Italia, i cui BTP, i titoli di stato scendono pericolosamente.
Ma non solo, comincia a scricchiolare molto sinistramente anche tutto il sistema Europa, perchè, dopo la Slovacchia qualche tempo fa, che si era rifiutata di pagare la sua quota per il prestito alla Grecia, che però ammontava a soli 816 milioni, oggi sono Austria e Finlandia a minacciare di rifiutare il miliardario salvataggio alla verde Irlanda. E il Portogallo quasi quasi pensa ad uscire dalla Ue di spontanea volontà…

Lasciando per un attimo da parte la situazione europea di questi giorni, torniamo al discorso originario, al peccato orginale, la crisi dei mutui sub-prime, che dalla scorsa puntata stiamo cercando di riepilogare.
Dicevamo che c’era gente che si ritrovava a dover pagare un mutuo su una casa, il cui valore era diventato inferiore al mutuo stesso. E aggiungevamo pure che erano state create obbligazioni, che contenevano questi mutui sub-prime, cioè mutui-casa a rischio di insolvibilità, che mettevano a rischio l’obbligazione stessa. Che cominciava a venir definita prodotto tossico, asset tossico in inglese.
Ebbene, sono recenti i numeri di CoreLogic, importante società di analisi, che dichiarano proprio che ancora nel secondo trimestre del 2010 il 23% delle case acquistate con il mutuo ha un prezzo di mercato inferiore al valore del debito sulla casa stessa.

Se preferite, la Mortgage Bankers Association, Associazione delle Banche Ipotecarie, ci dice che sempre nel secondo trimestre del 2010 i mutui in sofferenza e i pignoramenti rappresentano il 14% del totale dei prestiti.

Aggiungiamo infine che la Ambac Financial Group, grande assicuratore americano di emissioni obbligazionarie, ha annunciato ufficialmente il ricorso al “Chapter 11”, ossia la procedura di bancarotta pilotata che mette un’azienda al riparo dalle richieste dei suoi creditori e che equivale all’amministrazione controllata italiana.

Questi continui passi avanti ed indietro ci servono a mostrare come poco sia cambiato, migliorato, dalla madre delle crisi ad oggi.
Ed infatti, nel 2008, l’avvitarsi della dinamica perversa dei mutui sub-prime portava tanti cittadini a perdere le loro case, per l’impossibilità di pagare le rate del loro mutuo, e tante banche a fallire, perchè piene di prodotti collegati a questi mutui che non venivano più onorati.
Il 15 settembre 2008 la stessa Lehman Brothers, una delle banche più grandi del mondo, chiedeva di avvalersi del “Chapter 11”, annunciando debiti bancari per 613 miliardi di dollari, debiti obbligazionari per 155 miliardi di dollari contro attività per un valore di 639 miliardi. La più grande bancarotta nella storia degli Stati Uniti.

Proprio dopo che BOFA (Bank of America) aveva appena salvato, comprandola, Merrill Lynch, un altro storico colosso. La britannica Barclays poteva farlo con Lehman, ma non volle procedere dopo che il governo americano chiarì che non avrebbe garantito i debiti di Lehman. Il governo degli Stati Uniti per la prima volta rinunciava a salvare una delle cosiddette “too big to fail”, le ditte troppo grandi per fallire. A differenza di quanto aveva fatto pochi mesi prima per Bear Stearns, il cui crac era stato attenuato, grazie ai 30 miliardi che la Fed aveva messo a disposizione di Jp Morgan accorsa a salvarla. O solo poco tempo prima, nella crisi di insolvenza di Freddie Mac e Fannie Mae – due government sponsored enterprises, imprese privata con lo status di public companu e con supporto governativo – specializzate nell’emissione di mutui, quando le autorità avevano optato per una rete di salvataggio, che sarebbe costata ai contribuenti degli USA non meno di 200 miliardi di dollari.

Vedete quanti soldi pubblici spesi per salvare ditte private? Da qui in poi sarà sempre peggio! I denari buttati nel sistema bancario diventeranno inenarrabili!

A questo punto, anche Alan Greenspan, l’ex capo della Fed, si accorgeva che era stata l’eccessiva cartolarizzazione dei mutui subprime americani a dare il via all’attuale crisi di solvibilita’ delle banche! La cartolarizzazione altro non è che la cessione di attività o beni di una società, in questo caso i mutui delle banche, ma anche immobili o strumenti derivati, attraverso l’emissione di titoli obbligazionari. Praticamente il credito viene ceduto a terzi, come dicevamo nella scorsa puntata, e se questo diviene inesigibile, chi compra titoli cartolarizzati perde sia gli interessi che il capitale versato per l’obbligazione.

Ricapitolando, a questo punto erano due i grossi problemi da risolvere: ripulire i bilanci delle banche da questi temibili asset tossici, e rimettere in moto i prestiti tra banche, bloccati dal crollo della fiducia.
Per risolvere il primo problema, veniva concepito un piano, che forse era una delle più grandi truffe ai contribuenti statunitensi, cui si sia mai potuto assistere. E’ reso molto bene nel film di Michael Moore, “capitalism, a love story“, con testimonianza dirette, il clima in cui venne votato quello storico regalo al sistema bancario, con strazianti scrupoli per i parlamentari con una qualche coscienza civile.

«Il nostro obiettivo è quello di un sistema più forte che possa fornire il credito necessario alla ripresa e che assicuri che non ci troveremo più in una crisi finanziaria come questa». Così il segretario al Tesoro Timothy Geithner spiega il piano per pulire i bilanci delle banche dagli asset tossici. Una gigantesca partnership pubblico-privata con cui rilevare e risolvere definitivamente il contagioso problema delle attività tossiche racchiuse nei bilanci.

Continua ammettendo che “come paese abbiamo chiesto troppi prestiti e lasciato che il nostro sistema finanziario assumesse livelli irresponsabili di rischio. Queste decisioni hanno causato enormi sofferenze, molte delle quali ricadute sugli americani e sui titolari di piccole imprese. Vedremo se questo piano riuscirà o meno a far tornare il sistema finanziario a girare attraverso la concessione di credito alle famiglie e alle imprese, e a prevenire nuove crisi. Il nostro Public-Private Investment Program acquisterà prestiti legati al real estate (il settore immobiliare) dalle banche e titoli. Le banche avranno la possibilità di vendere ‘poll’ di prestiti a fondi dedicati, e gli investitori avranno la possibilità di partecipare a questi fondi e di godere dei vantaggi offerti dai finanziamenti del governo”.

Il nuovo programma prevedeva che i finanziamenti venissero erogati attraverso la Fdic, l’ente che garantisce i depositi bancari, per assicurare investimenti pubblici-privati in grado di assorbire fino a mille miliardi di dollari di asset tossici.

In realtà con questo sistema si faceva l’ennesimo regalo al sistema bancario, come sempre al danno dei contribuenti! La FDIC infatti, ente pubblico, si trovava a garantire sull’acquisto di questi miliardi di titoli tossici, ovviamente a prezzi stracciati, consentendo a nuovi speculatori, fondi e altre banche, di riacquistarli, senza rischiare virtualmente nulla! Cioè i debiti conseguenti ai mutui sub-prime, le obbligazioni e i derivati vari ad essi collegati, tornavano in mano, alla fine di tutti questi passaggi, a soggetti simili a quelli che li avevano progettati, se non proprio agli stessi, e quasi “a gratis”!

Il mostruoso problema dei titoli tossici creati da banche spregiudicate, e detenuti da altre banche, veniva risolto offrendo garanzie pubbliche! Risolto, almeno sulla carta, il problema dei titoli tossici, bisognava comunque rimettere in moto il sistema finanziario dei prestiti interbancari.

La soluzione riservata a questo secondo problema fu duplice: l’intervento sui tassi di sconto, che sarebbero stati progressivamente ridotti fino a raggiungere lo zero, e un programma di quantitave easing, di immissione di liquidità selvaggia, diremmo, di cui parleremo però nel prossimo numero…

9 Commenti

  1. Al primo che dice che i commenti a RP sono superficiali e sbrigativi… per punizione giro il link di questa pagina!!!!
    con un sorriso e simpatia A M

  2. Molto d’accordo sulla ricerca, che non si deve basare sulle sole eccellenze, e che vada integrata in un progetto complessivo di nazione. Ed ovviamente integrata con le università. Anche secondo me si deve partire da quelle pubbliche, anche perchè quelle private sono in grado di trovarsi i finanziamenti il più delle volte, mentre quelle pubbliche, con i tagli che ricevono, rimangono sempre più indebolite. Ma la ricerca veramente libera, e non finalizzata al solo mercato, può venire solo dall’università pubblica.
    Come già detto, il problema della sinistra è proprio che ha abbandonato il suo disegno socialista internazionale, per seguire il neo-liberismo, e ci si è ormai inserita anche a livello economico. Perdendo di vista la sua vera missione, ovvero quella di tutelare lo stato sociale in primis. Ed invece la perdita di posti di lavoro, ma soprattutto di garanzie e diritti acquisiti, è costante e progressiva, e non attribuibile solo alle destre. Tanto è vero che quando si sente parlare delle famigerate riforme, tanto a dx quanto a sx, si intende sempre quella del lavoro e delle pensioni, in direzione di un indebolimento di questi, e non certo di un rafforzamento. In nome della cosiddetta flessibilità, che è solo perdita di diritti. Un esempio, oltre a quello che cita, ce l’abbiamo con la green economy, così abusata come termine, ma così debole come integrazione reale nel tessuto della società. Potremmo inventarci infiniti nuovi posti di lavoro, nuovi modi di produrre energia, nuove soluzioni per rispettare l’ambiente. Ma si cerca solo il profitto immediato, e la riduzione dei costi (in primis dei salari) e non c’è progettualità, e quindi neanche ricerca, tanto per chiudere il discorso.
    Rinnovo il ringraziamento e l’invito a rimanere su questi schermi…

  3. Everardo
    parto dalla domanda che non sento indiscreta. Sono laureato in medicina ma ho sempre lavorato in ambito di ricerca, tranne un breve periodo di professione all’ inizio della carriera. Sono stato sia in accademia che in industria. Ho lavorato molto negli USA, 3 anni in università e 5 in industria, in Svezia, 4 anni all’ università. Ho avuto modo di conoscere professionalmente realtà asiatiche, Cina Giappone India e Singapore. Poi sono rientrato in Italia in un industria ed è stato un disastro. Adesso lavoro in proprio come advaisor nel campo dell’ innovazione nel campo della salute. Dunque non posso che concordare sull’idea che la crescita, in particolare nel mondo occidentale non possa che basarsi sulla ricerca. Il problema è che pochi ricordano che ricerca ed innovazione non sono bacchette magiche che si tirano fuori dal cappello e risolvino i problemi. Ricerca è sistema, richiede una rete, finanziamenti e tempo. Al contrario di quello che tutti dicono non sono le eccellenze quelle che fanno la fortuna di un paese ma la sua media. L’ america è stata capace di innovare e competere perchè ha un sistema di università diffuse e di buon livello. Ci fossero solo le eccellenze non avrebbe potuto fare quel che ha fatto. E non dimentichiamo, come molti fanno, che negli USA molto del sitema universitario è pubblico. Insomma ancora una volta si parla senza sapere ciò che si dice.
    E passiamo all’ argomento se esiste ancora una sinistra e correlati. Io penso proprio di sì ma il problema è che la sconfitta storica del comunismo ancora pesa. Ed invece di ripensare e utilizzare le conquiste che in ogni caso il mondo progressista ha ottenuto ci si è incistati in un processo di rincorsa al progetto neo liberale. Basta pensare al fatto che nel passato era la sinistra ad avere una vocazione interzionalista ed oggi sono le grandi corporations e le organizzazioni dominate dai gruppi di affari ad agire come strutture internazionali.
    Allora si dovrebbe intraprendere un processo fortemente analitico che permetta di definire alcuni punti chiave su come vedere il futuro ed attorno a questi sviluppare politiche il più possibile globali. Se non si aggredisce il problema del lavoro a livello internazionale si lascia il gioco ai grandi gruppi di interesse. Nei paesi avanzati il problema non è solo il lavoro ma la sua remunerazione ed i diritti collegati. Di nuovo non vedo nessuno che porti l’ esempio americano dove a fronte di un incremento fortissimo di produttività, con connesso aumento delle ore lavorative, non si è assistito ad un aumento dei salari fermi al 1977.
    Ritorniamo al problema politico. Ma che non è solo politico ma io credo soprattutto culturale. La mia formazione di ricercatore mi ha fatto capire che noi sappiamo ancora molto poco.Quì esiste una grande responsabilità dei ricercatori e dei media che di ogni nuova scoperta danno l’idea che sia la nuova frontiera e che oramai sappiamo tutto. Di più l’ aumento della conoscenza ha fatto sì che ci siano dei super specialisti ma pochi in grado di integrare. Guardiamo ad esempio il campo dell’ informatica. Le potenzialità sono enormi ma o si è capaci di guardare al suo utilizzo in termini non puramente tecnologici oppure diventa un puro strumento di consumo. Oggi l’ informatica viene vista come una branca che sforna innovazione ogni sei mesi e tutti vogliamo l’ ultimo modello. In realtà non utilizziamo mai le capacità. Si tratterebbe allora di passare dalla tecnologia in se alle sue applicazioni. Avrei migliaia di esempi nel mio settore per dimostrare che se oggi esperti di settori diversi collaborassero si potrebbero ottenere risultati sorprendenti. Ovvio che questo già esiste ma non è sistema, quel che conta oggi è quanto si vende di un prodotto e non come si costruisce un prodotto più utile.
    Se le devo fare una confessione in questi ultimi anni ho cercato di trovare luoghi, gruppi in cui sviluppare questi temi anche a livello politico e mi sono scontrato con dei muri. Per questo quando ho letto le sue note ne sono rimasto colpito e ho deciso di scrivere
    un saluto
    maurizio

  4. E’ vero che esiste il condizionamento ambientale, è vero anche che una volta c’era una visione piena di speranza del libero mercato, ma non è possibile accettare, anche se corrisponde al vero, un mondo basato sull’accumulo di denaro di pochi a discapito di molti. Anche se naturale dove vige l’equivalenza tra valore personale e quantità di denaro. La politica dovrebbe fare quello che una volta faceva la religione, ovvero riportare un concetto di giustizia più umano. E’ vero pure che il mondo attuale, mediatico, banalizza e ipersemplifica, perdendo le conoscenza accumulate dalla storia. O almeno allontanandole dalle masse. Sarebbe, come dice lei, lungo e troppo complesso parlare di tutto ciò, ma vorrei solo aggiungere che le forze che lei chiama progressiste, quasi in tutto il mondo sono diventate organiche al sistema consumo-capitalista, basato sulla crescita infinita, ed hanno accumulato conflitti di interesse simili a quelli della parte avversa. Sarebbe appunto troppo complesso parlare di finanziamenti occulti alla politica, etc… Rimane il fatto che le idee progressiste, socialiste o simili, siano quasi scomparse dal mondo, o siano davvero rare. Deduco in conclusione da quello che dice, caro Maurizio, che non siamo molto distanti come visione del mondo. Probabilmente partiamo dall’analisi di qualche dato di diversa origine, ma le conclusioni sono simili. Penso anche io che la realtà, o meglio il futuro, vadano costruiti adesso, ma sarebbe da capire quale tipo di crescita incentivare. Oltre al dato economico-sociologico, per mia formazione non posso tenere fuori quello ambientale. Ed il fatto che così, come siamo oggi, a livello di mondo globalizzato, non siamo più sostenibili per questo pianeta. E’ vero che la crescita potrebbe andare nella direzione di una vera green economy, o di qualcosa del genere. Quindi tutto sta nel capire cosa si intende per crescita, o decrescita… Di sicuro per un mondo migliore c’è una cosa molto semplice che andrebbe fatta, e cioè investire molto molto di più in ricerca.
    La saluto ringraziandola del suo gradito contributo, ed invitandola a seguire ancora questa radio! Le posso chiedere, solo per curiosità, se non sono indiscreto, quale sia il suo campo lavorativo?
    Grazie ancora,
    Everardo

  5. grazie mille per la risposta. Complessivamente siamo d’ accordo. Mi permetto di ritornare sulla questione della “fede”. Io sono per formazione un ricercatore e dunque mi baso sui dati. Non considero il malvagio al di fuori di me. Il male ed il buono è in ciascuno di noi e poi il contesto la situazione fa scattare meccanismi che ci portano in una direzione ed alla fine non possiamo che ricondurre alla scelta individuale ma dovremmo sapere che siamo fortemente condizionati. Questo per dire che all’ interno di coloro che hanno propugnato dagli anni 70 la liberalizzazione del mercato credo che ci siano un bel pò di chi creveva e crede ancora che lo sviluppo di un mercato del tutto libero avrebbe provocato un benessere generallizzato. Il problema si scontra ancora una volta con la natura umana e con il contesto che si crea. Se poniamo le condizioni per cui il valore si valuta sul denaro allora il gioco diventa farne il più possibile sopratutto per sè. Il discorso è lungo ma necessario. Il mondo è complesso e le risposte non possono che essere complesse ma invece il mondo mediatico impone regole di semplificazione e banalizzazione che impediscono di articolare le conoscenze che abbiamo accumulato e che andrebbero integrate. L’ economia moderna si basa ancora su assunti dell’ 800 che non possono più soddisfare la comprensione della realtà. E’ vero che negli ultimi anni alcuni economisti hanno cominciato ad analizzare dati che vengono dall’ antropologia, dalla psicologia e dalla sociologia sperimentale ma rimagono ancora ai margini. Ed è vero quel che dice a riguardo di alcune banche, io rimango esterefatto quando si parla di Draghi come un gran banchiere così come quando si dice che Tremonti sia un ottimo ministro dell’ economia, e dunque il problema rimane politico. In questo senso io sono molto stupito di come a livello delle forze progressiste, non parlo solo della sinistra, non si discuta in maniera più approfondita ed anche innovativa questi temi. Non credo che oggi ci sia qualcuno che abbia una ricetta magica per uscire dalla crisi, anzi chi dice di averla mente sapendo di mentire. Dunque politicamente si tratta di chiarire a tutti che il futuro è tutto da costruire anche perchè alcune delle condizioni che nel passato hanno permesso di uscire da crisi simili come per esempio di farla pagare ai paesi sottosviluppati sta diventando sempre più difficile. Ancora oggi rimango stupito quando sento tutti compresi i dirigenti della sinistra parlare di crescita. Io non credo ai movimenti della decrescita, anche se alcune delle considerazioni che pongono sono molto interessanti, perchè come dicevo nel primo messaggio il valore si crea nel momento in cui compiamo un atto e dunque poichè siamo oggi in grado di trasformare ancor più di ieri esistono le condizioni per la crescita. Il problema ancora una volta è perchè crescere e come si distribuisce il profitto. Tra l’altro esistono oramai molti dati che dimostrano come le società meno diseguali siano per i cittadini, inclusi quelli delle classi ricche, più favorevoli. Bisognerebbe utilizzare questo per mostrare come una distribuzione più equa sia produca benefici per chi pensa di avere già tutto
    saluti
    maurizio

  6. Caro Maurizio,
    il suo commento mi fa molto piacere!
    Proverò ad entrare nel merito delle questioni sollevata, cercando di essere breve, visto che uso uno spazio forse improprio.
    Che qualche economista avesse intravisto o addirittura previsto la crisi è vero (anche qui da noi, i ragazzi di Iceberg finanza, ad esempio, un blog sul tema, ci erano andati vicini…), come è vero che sia stato lasciato in sordina.
    Sul secondo punto, che è ancora vero, riscontro un errore di fondo: siamo d’accordissimo che gli strumenti di finanza derivata siano creativi, ma non certo innovativi; penso però che sia ingenuo credere che le menti che hanno strutturato questi prodotti, non arrivassero a capire che quella immobiliare era una bolla, più vicina all’esplodere che a continuare la sua ascesa.
    Che lo sviluppo non possa essere infinito, così come i prezzi continuare a salire, è evidente a chiunque, si figuri ai suddetti geni della finanza creativa.
    Il concetto che si deve far intervenire qui è vicino alla malvagità: un pò come continuare a costruire auto sempre più veloci, sapendo già che non hanno freni adatti a sostenere quelle velocità…
    Di conseguenza è ingenuo pensare che i politici, e soprattutto le lobby bancarie dietro ai politici, considerassero un bene il fatto che pochi si arricchiscono molto, perchè ciò trascinerebbe ad un miglioramento delle proprie condizioni anche le altri classi sociali.
    Come lo sviluppo non è infinito, così non è infinita la ricchezza! Se va molto da una parte, è impossibile che ne vada molta anche dall’altra…
    E’ evidente che ci sia un disegno di pochi dietro alle sofferenze, non è complottismo, è realtà. Nel crollo sanguinoso del 2008, c’è chi ha pagato molto, i cittadini che hanno perso case e lavoro, c’è chi ha pagato abbastanza, come le piccole,medie e anche grandi industrie, e c’è chi non ha pagato nulla, anzi ci ha guadagnato, appunto con altri strumenti derivati, con il meccanismo dello short trading etc..: le lobby bancarie, anzi quelle poche banche del mondo, capitanate da Goldman Sachs, che riescono a dirigire politica ed economia verso direzioni conosciute solo a loro. Sa bene che i debiti del mondo bancario, privato, sono stati spostati verso il pubblico, ovvero coperti dagli stati, ovvero dai cittadini? Sa anche che dietro al fallimento greco c’erano derivati inventati apposta da Goldman Sachs per occultare i conti reali ellenici? E che allora nella Goldman Sachs international il direttore era un certo Draghi, che dirigerà la BCE, che dovrebbe prestare soldi alla stessa Grecia, e agli altri che stanno sprofondando? Affossati anche dalle agenzie di rating, a loro volta colluse col mondo bancario..?
    Sono totalmente d’accordo che il vero modo per riassestare il mondo, e le classi sociali, possa essere solo quello di redistribuire il reddito, con tasse minori e stipendi più alti, e servizi, per le classi meno abbienti. Ma la direzione presa dal mondo, grazie alla crisi del 2008, ed al crack-Grecia etc…è esattamente quella opposta, quella cioè di tagliare via tutto lo stato sociale.
    Mi pare quindi, per finire, di poter dire che nei miei post su questo blog io abbia toccato sia il problema della massimizzazione dei profitti, che quello del bisogno di re-distribuzione del reddito.
    Concludo dicendo che non c’è una fede nel mercato, a mio avviso. Quella forse c’era nel secolo scorso. Il mercato ormai è in mano a degli spregiudicati che reggono i fili del mondo a discapito di tutti gli altri. Il mercato è piegato, non lasciato fine a se stesso. La chiesa cattolica, ad esempio, che ha combattuto il comunismo, non ha ancora capito che il capitalismo è ben peggiore di questo, perchè non lascia il mondo in mano agli uomini, o al mercato, ma solo in mano al più forte economicamente.
    E’ la massimizzazione del capitalismo…

  7. everardo
    ho scoperto RadioPereira solo di recente grazie ad un mio amico che è diventato un contributore. Sfogliando le varie rubriche mi sono imbattuto nei suoi pezzi che trovo molto puntuali e chiari.
    Io non sono un economista ma avendo un pò di tempo libero, sono sottooccupato, mi sono detto che era utile cercare di farmi una mia idea sulla crisi. Così mi sono messo a leggere un bel pò di libbri. La prima cosa che ne è venuta fuori è che non è vero che tutti gli economisti non avessero capito quello che poi è successo. In realtà un certo numero di valenti e conosciuti economisti avevano messo in luce le criticità. Il problema è che non venivano non solo ascoltati ma neanche considerati. Il perchè a mio giudizio è semplicemente politico e ci torno tra un pò.
    Il secondo elemento che emerge dalla lettura dei diversi documenti è la straordinaria “innovatività” del settore finanziario. ( ora io credo che esista una differenza tra innovazione e creatività e per me quello che è successo nel mondo finanziario con la creazione di tutti questi strumenti derivati non è innovazione ma creatività)Questa innovazione si basava sull’ idea che lo sviluppo fosse infinito e che il valore di alcuni beni, le case, continuassero a salire.
    In realtà esiste alla base di tutto questo processo una scelta “ideologica” che ha portato a credere che il continuo arricchiemto di pochi trascinasse un miglioramento di tutti. Pochi guardano al dato più macro degli ultimi venti anni, che non è solo negli USA, e cioè che il salario reale delle classi non dirigenti (non si può più parlare solo delle classi medio basse) è rimasto equivalente a quello del 1977, dato che si evidenzia da numerosi studi vedere ad esempio R. B. Reich in Aftershock. Questo anche se la produttività e il tempo lavoro sono aumentate ed hanno contribuito ad elevare il PIL.

    E’ evidente che se non si iincrementano i salari e bisogna spingere il consumo si devono trovare altri mecchanismi per incentivarlo. Da quì la scelta del debito
    Alla base di questa concezione c’è quell’ ideologia politica che sta alla base del neoliberismo che nasce con la Tatcher in UK e trova in Reagan il suo omologo americano.
    Questa che viene spacciata per politica economica è in realtà un’ ideologia politica, io spesso penso una FEDE, che vede il mercato come capace di trovare le sue regole interne.
    Così non è stato e quì mi va di proporre che uno degli elementi dirompenti di questa teoria politica è quella che si definisce massimizzazione dei profitti. In realtà il profitto è non solo necessario ma inerente ad ogni attività di trasformazione perchè si crea attraverso il valore aggiunto in ogni processo. Ma la massimizzazione fà del profitto un valore assoluto che permette di escludere ogni mediazione tra valore aggiunto e scopi del lavoro.
    Ci sarebbe molto da aggiungere ma mi premeva farle questa considerazione perchè le ottime analisi dovrebbero anche analizzare questo aspetto senza il quale non ci sono, a mio giudizio possibile soluzioni alternative
    saluti
    maurizio

  8. Caro signor Gaio, sarebbero tante le soluzioni possibili da applicare al sistema bancario, per ridurne lo strapotere e gli squilibri; ma non c’è nessuno che ci si mette di traverso, come dice lei, semplicemente perchè le banche hanno infiltrato, o meglio occupato, i governi di tutto il mondo occidentale, di destra e di sinistra!
    Per fare un esempio, Goldman Sachs (ma anche Jp Morgan, Merryll Lynch etc…) ha nominato quasi tutto il ministero del tesoro degli Usa, ma non dimentichiamo che anche Draghi, e lo stesso Prodi, sono figli di quella banca…

  9. @Everardo

    E’ incredibile vedere come i governanti dei paesi indebitati pongano regole di stretto bilancio sempre ai cittadini e mai alle banche.
    Perché, ad esempio, non si chiede alle Banche Centrali di aumentare la quota di utile netto, da destinare a garanzia, derivante ai soci per effetto della stampa della moneta ( il che equivale a limitare i loro guadagni)?
    Oppure..perché non si chiede alle banche periferiche una quota maggiore della cosiddetta riserva frazionale?
    Attualmente tale quota è il 10%.
    Che significa?
    Che una banca qualsiasi a cui presti 1000 euro ne deve tenere a deposito solo 100 e gli altri 900 li può imprestare a terzi per ricavarne interessi.
    Vi rendete conto di che leva economica ha una banca qualsiasi? Perché non limitarla?
    Personalmente penso che un modo per ottenere tali riduzioni di leva sia quello di imporre alle banche, sia centrali che periferiche, di finanziare obbligatoriamente opere pubbliche che servono al bene comune.
    Abbiamo bisogno di ospedali, scuole, reti infrastrutturali, fondi per ricerca di vario tipo, da finanziare senza indebitarci.
    Perchè nessun governo si mette di traverso alle banche?
    Perché tutti i governi, al contrario, socializzano le perdite delle banche ingorde?

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