Immigrazione e lavoro in ItaliaIl 23 Febbraio scorso è stato pubblicato il rapporto L’ Immigrazione per lavoro in Italia redatto dal team del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali firmato dallo stesso ministro Sacconi. Il rapporto scrive chiaramente che “nel periodo 2011-2015 il fabbisogno medio annuo di nuovi immigrati dovrebbe essere pari a circa 100 mila, mentre nel periodo 2016-2020 dovrebbe portarsi a 260 mila”. Facendo un veloce calcolo, nei prossimi 9 anni l’Italia avrà bisogno di 1 milione e 800 mila lavoratori stranieri, circa 200 mila persone all’anno.

Riguardo bene il numero e faccio sparire velocemente la mia calcolatrice: in tempi di invasioni delle cavallette africane, non vorrei che la notizia si spargesse troppo.
Nella fretta di riportare indietro gli immigrati tunisini, sbarcati a Lampedusa, come pacchi postali da rimandare al mittente, non ci siamo affatto chiesti se magari quei pacchi ci potevano “servire”. Lo so, non è proprio politically correct parlare di pacchi e di “servire”, ma per alcuni, tipo Maroni o Bossi, forse la situazione, così spiegata, è più chiara.

Partiamo dal fatto che la popolazione italiana è vecchia. Secondo gli indicatori demografici dell’Istat pubblicati nel 2010, la percentuale di individui di 65 anni (e oltre) è aumentata dal 18,4% nel 2001 al 20,3% nel 2011. Come controprova, la popolazione in età attiva ha oggi un minor peso percentuale rispetto al 2001 passando dal 67,3% al 65,7%. Questo porta ad un sempre maggiore fabbisogno di servizi di assistenza. Secondo il dossier statistico della Caritas Migrantes 2010 ”gli immigrati sono sempre più indispensabili per rispondere alle esigenze delle famiglie […] basta pensare che nella prospera Lombardia, nel 2025 le persone oltre i 65 anni saranno circa 3 milioni, un milione in più rispetto al 2010 con un fabbisogno esponenziale di assistenza”.Badanti immigrati. Se una volta l’accudimento degli anziani non più autosufficienti o dei bambini avveniva con l’ausilio delle donne di casa, oggi il gentil sesso lavora (o almeno ci prova) perseguendo inoltre un modello “maschile” di carriera per essere competitive. Del resto le domande “lei è fidanzata o sposata da poco?” o “ha intenzione di avere figli?” sono diventate un classico nei colloqui di lavoro alle giovani disoccupate. Agli uomini certe cose non succedono.

Il popolo dei passegginiA ciò si aggiunge la mancanza di servizi come ospizi a prezzi accessibili o asili, è di pochi giorni fa la protesta del “popolo dei passeggini” a Bologna per la chiusura di alcuni nidi comunali a causa della mancanza di fondi pubblici. In pratica i continui tagli a tutti gli aspetti legati al sociale e la crescente occupazione femminile, creano un continuo fabbisogno di forza lavoro soprattutto nel settore dei servizi (in particolare alla persona) che, come mi ha insegnato il buon prof. Forlani all’università, non sono altro che “attività che il consumatore non vuole, non sa o non ha tempo per fare e perciò paga qualcun altro perché svolga quell’attività intangibile per suo conto”.
A conferma di ciò, secondo il rapporto presentato dal team del ministro Sacconi, vi è stata una crescita del 63% di lavoratori stranieri proprio nel settore produttivo dei servizi. In particolar modo “è la componente femminile (circa il 76% sull’aumento totale nei sevizi) che trascina questo risultato positivo grazie all’incremento massiccio nel comparto dei servizi alle persone e in quelli sociali.”

La crescente quota femminile tra i lavoratori immigrati, è dovuta al fatto che una donna solitamente è “più portata” ad assistere gli altri, e quindi si pensa che avrà più dedizione e amore nella svolgere lavori delicati come la badante, la colf o la tata che sia.
Negli ultimi anni le donne immigrate hanno superato gli uomini, secondo i dati Istat 2010 il 56% dei neo-cittadini stranieri è donna, contro il 44% degli uomini. E’ quello che alcuni studiosi definiscono “femminilizzazione dell’immigrazione”, una sorta di globalizzazione delle tradizionali mansioni femminili, come pulire casa, occuparsi dei figli o assistere gli anziani che oggi vengono delegate ad un sempre maggiore numero di immigrate.

Secondo il libro Donne globali. Tate, colf e badanti (a cura di Barbara Ehrenreich e Arlie Russel Hochschild,Donne globali. 2002) “gli stili di vita del Primo Mondo sono resi possibili da un trasferimento su scala globale delle funzioni associate al ruolo tradizionale della moglie, vale a dire cura dei figli, gestione della casa e sessualità di coppia (si pensi alla prostituzione n.d.r.), dai paesi poveri a quelli ricchi. In termini generici e forse semplicistici, nella prima fase dell’imperialismo i paesi del Nord del mondo hanno attinto delle risorse naturali e ai prodotti agricoli […] delle terre che conquistavano e colonizzavano. Oggi […] i paesi ricchi cercano di attingere anche qualcosa di più difficile da misurare e quantificare, qualcosa che può sembrare assai prossimo all’amore”.

Mentre continuano i rimpatri e l’Europa urla “arrangiatevi!” da dietro i confini chiusi, a me viene da pensare… immigrati tornate! Ci siamo sbagliati, non avevamo letto il rapporto del ministro Sacconi! Abbiamo bisogno di voi!

2 Commenti

  1. @Marta

    Brava…articolo molto interessante.
    Paghiamo in termini salati l’ascesa della Lega Nord che ha fatto le fortune dei vari governi Berlusconi.
    Una politica attenta sui flussi migratori, attuata da almeno 10 15 anni a questa parte, ci avrebbe dato qualche risultato ora.
    Invece dobbiamo ricominciare da capo… anzi dobbiamo ancora cominciare ad affrontare questi problemi seriamente.

  2. salve sono un straniero dal Marocco e sono qua in italia da 2009 .non ho trovato neanche un lavoro finora ,e come mai dicono che avranno bisogno nei anni prossimi e tanti d noi stranieri sono rimasti senza lavoro.

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