Osorno: Chile

Osorno è ormai alle spalle. Con un mezzo pubblico mi avvicino il più possibile alla Panamericana per rimediare un passaggio. Scendo dal mezzo e scavalco il guardrail dirigendomi verso una grande stazione di servizio lontana poche centinaia di metri. Il primo camion che incontro ha la portiera aperta. A bordo un bambino di dieci anni sta giocando con dei soldatini. Per un attimo immagino di vedere mio padre cinquant’anni fa. Lo saluto, domandandogli dove sono i suoi genitori. Una voce da uomo proveniente da sotto il mezzo mi risponde. Abbasso lo sguardo ed incontro per la prima volta Ezequiel il quale, vedendomi con uno zaino di trenta chili sulle spalle, mi domanda se ho bisogno di un passaggio. Per la seconda volta in pochi giorni resto sbalordito dall’ultra socievole comportamento dei camionisti cileni. Trovare un passaggio è molto più facile che trovare una bottiglia d’acqua naturale. Che non sia Nestlé o Coca Cola, ovviamente. In pochi minuti ripartiamo.

Ezequiel è diretto a Santiago ma io ho intenzione di passare la notte ai piedi del Volcàn Villarica. Dopo avermi offerto il pranzo (impossibile rifiutare) mi scarica lungo la Panamericana, poco prima di Freire, vicino ad un ponte sopra il quale passano frequenti autobus diretti verso l’entroterra. In pochi minuti sono a bordo di un enorme Iveco diretto a Villarrica. Accanto a me siede un ragazzo, avrà una trentina d’anni. Inizio io il dialogo con diverse domande sulla città in cui mi sto dirigendo. Soddisfa ogni mia curiosità ma non mi guarda mai negli occhi. Dipinge la società del suo paese con sfumature critico-ironiche che mi fanno sorridere. Entriamo in sintonia e, chilometro dopo chilometro, il ragazzo esce allo scoperto dimostrandosi una persona molto interessante: è Juan Carlos, un disordinato professore di matematica.

Ascoltandolo il tempo vola ed in men che non si dica arriviamo a destinazione. Saluto il mio nuovo amico con un abbraccio che ricambia augurandomi buon viaggio. Un improvviso e violentissimo acquazzone mi da il benvenuto. Sono bloccato alla stazione. Appena l’intensità della pioggia cala mi getto in strada cercando un ostello dove passare la notte. Tutto d’un tratto sento una voce che urla il mio nome. Proviene dal finestrino di una macchina bordeaux. Una volta messo a fuoco l’obiettivo realizzo che è “Juanca”. Mi chiede se voglio alloggiare a casa sua, a Lican Ray, un paesino poco distante.
Non ci penso su due volte.

Lican Ray

Lican Ray è un paesino di duemila abitanti circa situato ai margini del lago Calaufquén. La tempesta è finita ma per strada nemmeno una persona.
Birra in mano, passeggiamo sulle sponde del lago in straordinaria tranquillità. Juanca dice che in questo punto venne avvistato un ufo, tempo addietro. Dovrà pur avere qualche difetto. Non avrei mai pensato di finire in un paradiso simile. Tutt’attorno stormi di uccelli gioiscono per la fine del temporale. Un alimentari ancora aperto si guadagna il titolo di unica luce in città. A metà di una ripidissima salita Juanca insiste perché mi guardi alle spalle. In una cornice surreale svetta il massiccio ed attivissimo vulcano Villarrica, totalmente ricoperto di neve. Me l’ero quasi dimenticato. Un costante filo di fumo fuoriesce dalla sua cima, disegnando forme assurde in un cielo azzurrissimo.

Si dice che i vulcani eruttino ogni circa quarant’anni e l’ultimo disastro causato dal Villarrica risale proprio a quarantuno anni fa. Ma per fortuna questo fumo è segno di tranquillità e quindi niente sorprese. Speriamo. Tramonto finito si torna verso casa. Ci sediamo sul tronco di un albero continuando imperterriti il nostro ormai mega-dialogo. Abbandonare il panorama adesso è davvero uno spreco. Davanti ai nostri occhi un gruppo di ragazzi da vita a una partita di calcio in un campo ridotto una vera e propria palude. Il tempo sembra essersi fermato.
Di certo gli abitanti di Lican Ray non sono soggetti a false preoccupazioni e continuano la loro splendida vita di campagna in totale spensieratezza fin quando, prima o poi, un giorno quel fumo si spegnerà.

Partita di calcio a Lican Ray

Resterò in questo paradiso per ben otto giorni.

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