Terza (e ultima? chissà…) puntata del nostro quasi romanzo. Con una raccomandazione letteraria un po’ particolare: “Il canonico”, di Pires Cabral (edizioni La Nuova Frontiera), un Portogallo non da cartolina, ma con una straordinaria forza interiore di scoperta e di sorpresa.

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“Il giorno di poi sarebbe stato un giorno uguale agli altri: lavoro, amore, fado. Non che la vita scorresse elettrica per il giovane, le cui energie erano ora prese dalla bella cameriera figlia della padrona del Beco. Aveva quasi maledetto la sua storia, però: da quando aveva la tresca con la ragazza non era più stato a mangiare lì il bacalhau espiritual, la vera e propria chicca della Tasca . E questo gli dispiaceva un po’. Anche perché per non tradire quel gusto che sentiva sempre nel suo palato non lo aveva più ordinato neppure nelle altre taverne dove era in menù. Aveva consumato pataniscas a volontà, quelle sì, ma non l’espiritual: era quasi una regola che si era dato per evitare contaminazioni fra l’amore e il cibo nonostante le due cose siano, e chi vi è addentro lo sa bene, ben legate fra di loro. La mamma aveva domandato alla ragazza perché quel giovane avesse interrotto la frequentazione del ristorantino, ma non ebbe risposte convincenti. Aveva capito, però, che la figlia ne era innamorata.

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“L’appuntamento allo Chafariz de Dentro era una consuetudine che i due si erano dati e quasi non c’era bisogno di confermarla via via. Non accadeva mai nulla che potesse essere ostacolo al loro incontro, almeno in quel momento favorevole. Dallo Chafariz de Dentro anche quel giorno passeggiarono mano nella mano fino a Praça da Figueira. Lui viveva in un appartamentino con mansarda e se lo era conquistato passo passo facendo la corte a una coppia di vecchietti che lo abitavano da chissà quanto tempo, ma che volevano tornare nella loro Ponte de Sor (e soprattutto non volevano più fare tutte quelle scale). Li aveva conquistati, appunto, e tirato giù il prezzo come solo un commerciante sapeva fare. Lo aveva risistemato con l’aiuto di amici e ora ne godeva la posizione. Vedeva il Castelo de Sao Jorge di fronte a sé e non poteva pretendere di più. Come accadeva in quel periodo di passione, quasi ogni giorno, fecero l’amore guardando fuori dall’abbaino, proprio verso il castello. Parlavano molto, ognuno trasmetteva all’altro la sensazione vissuta con grande entusiasmo, il desiderio da appagare, la complicità che li legava. Erano una bella coppia, e chi riusciva a scorgerli era convinto che sapessero bene che cosa volessero l’uno dall’altra.

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“Ristettero più a lungo quella sera: lei non doveva tornare a servire. Glielo aveva comunicato proprio mentre erano abbracciati sul letto. Era la prima volta che accadeva che la sera potessero stare assieme. Lui la guardò con una espressione che al momento poteva sembrare severa, ma poi si sciolse in un sorriso. Però vieni dove ti porto io e non fiati, vero? le domandò impedendole la risposta con un bacio. Quella risposta sarebbe stata comunque sì. Lei aveva chiesto e richiesto alla famiglia di potersi assentare quella sera. Aveva dovuto convincere mamma e nonna promettendo comunque che non avrebbe fatto troppo tardi, e che avrebbe riparato a quella serata libera andando la mattina dopo al mercato. Doveva svegliarsi prima del solito, ma pensò che ne valesse la pena. Si prepararono dopo gli abbracci e uscirono nella sera lisboeta che li attendeva.

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“La ragazza sapeva del fado dai racconti di lui. Aveva frequentato assai poco la vita notturna cittadina e semmai lo aveva fatto in qualche discoteca o, come maggiore trasgressione, in qualche locale capoverdiano del Bairro Alto o al brasiliano di Campo Grande e o alla grandi sagre delle periferie. Amava il ballo, sì, ma senza esagerare, anche perché lavorava da quando era adolescente e ancora studiava e quindi altre fatiche erano molto difficili da sopportare. Ma era curiosa e si fece trascinare in giro per osterie e cantine. Aveva fiducia e fu ben riposta”.
(continua? sì, via…)
Ps: scrivendo mi è venuta voglia di continuare via via questo “romanzo”, alternandolo alle altre storie. E poi gustarlo con la voce inconfondibile senza tempo di Argentina Santos è comunque una straordinaria follia.

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