
Nelle librerie italiane già da qualche mese, il libro dell’inglese Diane Coyle, consulente specializzata in tecnologia e fenomeni della globalizzazione, ha già spopolato negli Stati Uniti. “Economia dell’Abbastanza” è un titolo che già dice molto e il sottotitolo ne conferma i contenuti tanto di valore quanto provocatori: Gestire l’economia come se del futuro ci importasse qualcosa. Le parole chiave, nonché sfide principali, sono Felicità, Natura, Futuro, Equità, Fiducia. Alla faccia della crisi, insomma, e, soprattutto di un consumismo distruttivo che ci vuole protagonisti di un presente immobile quanto apparentemente imperituro. Esiste quindi un modo per lasciare un pezzo di futuro sostenibile a chi esisterà dopo di noi. Possiamo mettere in pratica delle semplici regole per consumare senza devastare, per vivere senza nevrosi e ansie da modernità avanzata.
L’economia dell’abbastanza è un’economia che torna ai suoi concetti originari, dove la misura dell’efficienza viene calcolata sulla capacità di gestire risorse scarse e di dare a tutti qualcosa. Diane Coyle si definisce un’economista illuminata (Enlighted economics è infatti il titolo del suo blog) e la schiettezza con cui analizza lo stato delle cose, dalla crisi del debito pubblico alla paralisi del sistema politico, mette in evidenza la lungimiranza di una donna, madre, che auspica un mondo in cui le politiche dei governi e le azioni di individui e imprese siano più utili a tutti nel lungo termine, e le conquiste del presente non siano raggiunte a spese del futuro.
La Coyle scrive: “la politica ha bisogno di nuovi criteri, e deve garantire che le generazioni future abbiano almeno i nostri livelli di benessere e le nostre possibilità di scelta”. Peccato che oggi il futuro che si dispiega davanti ai giovani sia di sudore senza soddisfazione e prospettive. Come molti altri economisti, anche l’autrice inglese sottolinea come non ci sia effettiva proporzione tra crescita del PIL e felicità. La ricerca continua della crescita fondata su modelli di pressione fiscale ha preso ormai il sopravvento esasperando fenomeni di disparità sociale, depressione e rassegnazione, deresponsabilizzazione, ingiustizia conclamata e diffusa.
La gente comune deve tornare a partecipare attivamente, a ritrovare un senso di coesione e solidarietà verso obiettivi comuni di riqualificazione dei bisogni e di ri-progettazione di strutture e strategie economiche che conducano ad una reale crescita sostenibile. In cui sostenibile sia sinonimo di tollerabile, ragionevole, equa, lungimirante, attenta e proiettata al futuro. E allora, forse, l’economia tornerà ad essere reale, fatta di consumi quotidiani e risparmi. E la finanza tornerà ad essere lo specchio effettivo della vita vissuta, “tangibile” come un pezzo di pane.
Economia, denaro, ricchezza, successo, bellezza … perfino la salute: fine o mezzo della nostra vita.
A quelli che sinceramente rispondono mezzo: per arrivare dove?
Su quale sentiero stiamo camminando? Per arrivare dove?
Grazie Eleonora del libro che segnali, lo leggero’ subito dopo quello che sto leggendo ora: “Per un’economia della felicità” verso un mondo conviviale di Stefano Carati – Pazzini Editore
@Eleonora
Ecco come la pensa il Governo del nostro futuro energetico.
Fanno ai cittadini 20 domande e, spero, sia possibile comunicare le ns impressioni, anche se in molti dicono di no, cioè bisogna rispondere e basta!
http://www.sviluppoeconomico.gov.it/index.php?option=com_content&view=article&viewType=1&id=2024513&idarea1=0&idarea2=0&idarea3=0&idarea4=0&andor=AND§ionid=4&andorcat=AND&partebassaType=0&idareaCalendario1=0&MvediT=1&showMenu=1&showCat=1&showArchiveNewsBotton=0&idmenu=3367
Me lo sto leggendo..anche se è molto pesante!
Se riuscirò ad inviare al Governo qualche osservazione , la trasmetterò su Radio Pereira.
@Eleonora Ancora non ho letto il libro segnalato ma ritengo giuste le motivazioni addotte dall’autrice. Il problema è che siamo molto lontani dai comportamenti virtuosi segnalati. L’ostacolo più grosso è far capire alla gente come siamo messi ora e che, per liberarci del modello dominante, occorrono tempo e percorsi faticosi di esperienze e conoscenze. Ieri sera ero a Barchi, a spiegare a un comitato i problemi della loro discarica. Ora si sono invaghiti dello slogan “rifiuti zero”, proprio perchè non ne possono più della situazione che stanno vivendo. Quando ho detto loro che, per il teorema dell’entropia, il “rifiuto zero”… Leggi il resto »
Hai ragione @Gaioing, la gente fa fatica a capire e ad accettare che il ritorno ad un’economia reale dipende da noi, da tutti noi. Che costruire un futuro sostenibile da ogni punto di vista può dipendere solo da noi. Che la classe politica e la classe dirigente non sono al mondo per risolvere le nostre disgrazie, ma per aumentare i propri profitti. E se non capiamo che questa “lunga guerra di trincea” siamo noi a doverla combattere… beh, continueremo invano ad aspettare all’ombra di un albero che giunga per noi il salvatore.