Quattordici anni fa oggi, il 6 ottobre 1999, moriva a Lisbona Amalia Rodrigues. Dopo i funerali di Stato e il lutto nazionale, fu tumulata al Cemetrio das Prazeres, dal quale poi è stata traslata al Panteao Nacional de Santa Engraçia, dopo la sua tomba è meta di numerosi visitatori, fedelissimi, amanti della musica, turisti curiosi.

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Una strana forma di morte quella di Amalia: è morta fisicamente, ma la sua vita, la sua storia, il suo peso enorme sul Portogallo non si possono esaurire così. E lei ha disegnato su di sé, e ciò resta ora nei mille ritratti che ornano le case di fado, il Museu, la sua abitazione di Sao Bento, ogni angolo della città, il suo sarcofago, un volto vero.
E nei riguardi di Amalia c’è una strana forma di pianto che non è fatta di lacrime, ma di foglie che cadono, anche quando non è autunno, e che sono rosse, non gialle.

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Eppure la tua è una strana forma di essere cantante, così varia, con una voce che ha mille voci, che hai portato sulle tavole di ogni palco del mondo, osannata; e in ogni teatro, in ogni piazza, hai sempre detto che la vita va vissuta, e lo hai detto in tutte le lingue del mondo. E poi i tuoi occhi che mi inquadrano anche adesso che sembrano di marmo, ma sono reali, e mi dicono che bisogna vedere tutto, e non solo ciò e quello che ci piace. E l’amore, che è strano e che ha nelle canzoni sempre vita, anche quando non sono canzoni d’amore; e che arriva oltre ogni confine, e che si spezza solo quando si spezza il cuore.

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E il peccato, quelal strana forma di peccato che non è tale, ma è vita vissuta. Vivere è il più grande peccato, se non sappiamo amare. E la soluzione può essere anche una “Lagrima”.

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E questra strana chiesa che ora ti ospita, che è una non chiesa, un monumento, ma tu stessa sei monumento, tu stessa fai battere il cuore impazzito e gli eletti che sfilano nel Panteao ne sono fieri. E io così piccolo sotto il tuo cenotafio che respiro il profumo dei tanti fiori e rincorro il tuo canto beato. Sono passati quattordici anni, ma forse è esagerato voler pensare che questo tempo non è mai passato…

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Più volte mi sono seduto sui gradini del sarcofago di Amalia, da solo o in compagnia del popolo di Lisbona. E ogni volta è una emozione pazzesca. La prima volta, quel 6 ottobre 2004, piansi a lungo. Tante volte ho raccontato qui di Amalia, di mille sfaccettature, anche del viaggio in taxi con Lelo, sua ultima “viola” nell’indimenticabile concerto del Coliseu dos Recreios, l’11 dicembre 1994, a completare l’anno di Lisbona capitale europea della cultura.

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E ogni volta mi viene in mente di dire, e mi ripeto, ciò che tutte le cantanti di Lisbona sanno: nessun’altra Amalia nascerà. Grazie, divina, sei sempre nei nostri cuori.

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