Mi sveglio con la voglia di risentire Lagrima come solo tu la canti, tia Argentina, che ci accogli seduta a quel tavolo sulla porta della Parreirinha ingombro di posate e di cd. E mentre rispondi a ogni saluto con la tua voce profonda, penso a come doveva essere struggente sentirti tanti anni fa: io ti ho conosciuta tardi, perdonami. Ma poi ho fatto le corse per essere da te ogni volta che potevo.
La Parreirinha, quasi casa, amore, quel fado così attaccato alle sue radici, che hai coltivato giovane con Amalia e Celeste, e che hai insegnato a chi ti segue, a Tina, ad esempio, che ti chiama padrona come io ti chiamo tia e che, come tutti, ti rispettiamo. Rispettiamo la tua vita, i tuoi ottant’anni passati da un po’, le tue gioie, i tuoi dolori, la malattia e il ritorno, il canto strozzato e le parole dolci che hai per tutti noi che sediamo a uno dei tuoi tavoli.
Santos è un cognome che non è necessario, tu sei Argentina, ma è quasi una offesa chiamarti monumento, sei la prima che non apprezzerebbe. Tu ti senti umile, una servitrice del fado, ma non sai che cosa fai provare a chi ti ascolta, a chi riesce a trovare posto sotto le volte del tuo locale. E non sai che cosa abbiamo provato noi, dal nostro tavolo, a chiederti quel brano, a chiederti una volta di più lagrima, l’amore tragico, l’amore spezzato, i versi di Amalia. E ogni volta che arrivi a stendere lo scialle sul pavimento per accogliere un corpo morto per amore, le lacrime vere fanno fatica non cadere. Se c’è una magia è questa. E non ha età.
Sono stato a Lisbona poche settimane fa, e l’ho trovata “intensa”, viva, non sono riuscito ad ascoltare Argentina. Mi sembra un ottimo motivo per tornarci appena possibile.
Sono stato due volte a Lisbona, e due volte sono stato alla Parreirinha De Alfama. Parigi ha la Torre, Roma ha il Colosseo, L’Havana ha le jineteras, Bahia ha l’ acarajè di Rio Vermelho, Amsterdam ha le rivendite di fumo, Lisbona ha Argentina.