El fuerte 1 - Bolivia

El fuerte. Premetto che per i meno audaci occorrono tascabili dosi di caparbietà per risalire questa vallata per nove chilometri, ma arrivati in cima serve solo dimostrare la volontà di tornare al punto di partenza ed altri nove sono in omaggio.
[Agenzie di viaggio e taxi aiutano, dietro corrispettivo in oro, a privare di significato l’esperienza boliviana]
Che ne valga la pena è sottinteso. Anzi no, l’ho appena scritto.
Nessuno sa di preciso cosa succedesse quassù all’epoca che fu, ma di fatto questa enorme lastra di arena naturale presenta numerose incisioni nonché insenature artificiali volte al proteggere o nascondere qualcuno o qualcosa.

El fuerte 2 - Bolivia

E’ inoltre circondata da numerosissime abitazioni in pietra costruite dagli Chane, un popolo dei bassipiani, tra il 500 e il 1000 avanti Gesù bambino e successivamente modificate dagli Inca. Nessun popolo pre-incaico lasciò prove scritte, si prega dunque di esibire ogni fantasia.
Quale migliore introduzione a un sito il quale utilizzo nessuno ancora riesce a classificare.

Io esordisco ipotizzando tanti tipi di società relig-noiose moderne e strada facendo pitture rupestri raffiguranti sacrifici animali, altari e vedette rallentano drasticamente la mia evoluzione. Arrivato in cima una gigante pista di atterraggio mi manda totalmente fuori strada.
Riaffiorano i ricordi dei racconti di un ricercatore austriaco, conosciuto al mercato la mattina stessa, sulle varie teorie stilate.

El Fuerte era una pista di atterraggio per astronavi aliene.
El fuerte era un luogo dove si facevano matrimoni tra membri della tribù Chané.
El Fuerte era sia Sodoma che Gomorra.
El Fuerte era villeggiatura estiva.
El Fuerte era ciascuno che deve inserire per forza un vagone in fondo al treno delle menzogne.

Io non lo so chi ha ragione e chi no, di fatto si sa solo che queste tribù salivano fino a qua in estate quando nella foresta le temperature raggiungevano i 50°. Da qui il nome Samaipata, ovvero “riposo in altura”.
Se in futuro ci andrete e sentirete attorno parlare solo ebraico non vi preoccupate, anche a Chicago si è parlato siciliano.

El fuerte 3 - Bolivia

59 Commenti

  1. @AZucchi

    Quanto ai 3 M…
    il modello e il metodo, presi da un maestro, sono pericolosi ma bisogna pur partire da qualcosa.
    La motivazione è il fatto più importante purchè ti spinga a superare il maestro e a farti un metodo e un modello tuo.
    Sono invece d’accordo sull’esistenza di un momento in cui, evolvendoci, superiamo il semplice appagamento materialistico.
    Di conseguenza non sopporto i politici che dicono, praticamente tutti, votatemi ché io vi garantisco “lo sviluppo e il progresso”.

  2. “Il Modello è pericoloso da trasmettere, perchè presuppone la sua correttezza, ma è quasi inevitabile la sua tramissione.”

    Io credo che il modello, se è un buon modello, debba essere onesto, cioè la prima cosa che deve fare (in questo sono dannatamente socratico) è catalizzare l’attenzione sulle relazioni logiche più che sui contenuti di pancia, deve essere un cervello esposto, per così dire; chiaramente passeranno anche le passioni, ma questo è un bene: la bellezza di un paesaggio o la meraviglia di un bagno in mare, la commozione di fronte a una poesia o a una teoria l’allievo deve pure imparare ad apprenderle, sarà lui a decidere poi verso cosa si sente più attratto o portato. Noi diventiamo persone anche così, mi pare, siamo animali la cui gestazione in qualche modo continua anche dopo la nascita, gli antichi lo sapevano benissimo, infatti le loro metafore erano vegetali: si parla di aiutare a fiorire, non di imporre qualcosa.
    Credo che un grosso, enorme problema della scuola italiana sia il processo di demotivazione cui sono sottoposti gli insegnanti dalla politica schifosa che abbiamo: un insegnante depresso, che si sente tradito dalle istituzioni, che rapporto con il suo lavoro finisce per vivere?

    “Quindi anche la frattura socratica ha senso in base a questo…”

    Lo penso anche io, credo che la soluzione di Socrate appaia circolare se estratta dal contesto della terapia socratica, che è sostanzialmente una spinta alla riflessione innescata da una situazione di frattura portata a forza alla luce. Del tipo: com’è? Dà gusto? No, eh? Allora comincia a fare un po’ d’ordine, ché sei un calderone di credenze contraddittorie, sei frantumato.
    Solo che, problema, questa strategia viene disinnescata se l’egemonia culturale racchiude il disprezzo per la logica o addirittura un suo disinnesco di base: qui non hai alcuna frattura perché la psicosi è generalizzata, le parole non vogliono più dire niente: un presidente del consiglio può dire X oggi e non-X domani generando un modello devastante; a un argomento si risponde con un attacco invece che affrontandolo, come avviene nella maggiro parte dei dibattiti televisivi, e se tu hai più magagne di me le mie scompaiono. Secondo me le cose migliori e più spaventose su psicosi e comunicazione le ha dette Mario Perniola in Contro la comunicazione.

    “Mi trovo vicino alla posizione socratica allora, ma penso che volontà in realtà ci sia”.

    Quando ho detto che per Socrate non c’è la volontà ho semplificato; è che per lui la volontà è quella roba che ti muove dalla tua credenza all’azione corrispondente, senza gap, è un passaggio automatico.
    La tua lettura è effettivamente genuinamente socratica, perché associ determinismo e inconscio (che sembra comunque causale, quindi altro determinismo) ma tieni conto che l’akrasia è cosciente. Il tizio sa che fa X e sa che X è male; piuttosto non sa è portato a fare-X perché odia sua madre, per dire. E qui, dinnanzi all’oscurità del profondo, mi fermo, ché è il tuo campo. ^__^

  3. 3 M che mi trovano d’accordo.
    Il Modello è pericoloso da trasmettere, perchè presuppone la sua correttezza, ma è quasi inevitabile la sua tramissione. Il Metodo va insegnato, perchè aiuta a non disperdere energie, che si sottrarrebbero sia alla comprensione che all’emersione della Motivazione, che è ciò che salverà il mondo. E perchè è vero che uno impara prima di tutto a studiare, poi la materi che studia…
    Ma solo se diretta verso il bene della persona, o verso il bene comune! Infatti potrebbe esserci motivazione anche solo verso il mero guadagno economico…
    Torniamo all’importanza del modello, che sia esso etico-morale, o naturale in senso gaiano…
    D’accordissimo sul rumore di fondo e sulla sofferenza tristissima di un talento disperso!

  4. Mi trovo vicino alla posizione socratica allora, ma penso che volontà in realtà ci sia, quindi che si sia a metà tra akrasia (nel senso dell’essere dominati dall’inconscio, e quindi con una volontà sottomessa ad esso) e determinismo (lo faccio perchè preferisco scegliere il benessere che avrò, pur sapendo che mi farà anche male).
    Tutto ciò in realtà si spiega abbastanza facilmente dal punto di vista psicopatologico, dipendendo il nostro vivere e riconoscere il mondo esterno dal nostro grado di evoluzione psichica. C’è un momento dal quale il mondo acquista un senso per noi, prima del quale conta solo il nostro benessere.
    Quindi anche la frattura socratica ha senso in base a questo…

  5. @Gaio e Andrea
    nel complesso delle scuole superiori il rapporto tra le ore di biologia, fisica ed educazione fisica da una parte e le ore di storia della filosofia dall’altra è grandiosamente a favore delle prime: se le cose fossero così semplici saremmo già una popolazione deterministicamente felicissima: non solo la dannosissima “etica strutturata” (qualsiasi cosa sia) non viene insegnata in tutte le scuole dove vengono insegnate biologia, fisica ed educazione fisica, ma, anche nelle scuole dove la dannosissima “etica strutturata” è insegnata, cioè i licei, essa è comunque affiancata da un numero mediamente paritario di ore di biologia, per non contare le ore di fisica ed educazione fisica: il pericolosissimo, orribile docente di filosofia – che intende sviare i ragazzi mostrando loro come una descrizione non produca automaticamente una condotta – è in clamorosa, inevitabile minoranza: non può vincere (non te la prendere, Gaio, 🙂 sto scherzando, anche se la questione è seria).
    In teoria, quindi, potremmo dire di aver risolto il problema, e di non doverci più preoccupare di nulla.

    Eh. Invece no.
    Qualsiasi ragazzino delle superiori che studi biologia e filosofia e pratichi educazione fisica, è teoricamente al corrente degli effetti benefici del movimento, è preparato su una museale e nozionistica storia della filosofia, e di solito è esposto alle conseguenze dell’attività sessuale.
    Solo che tutto ciò non è sempre sufficiente ad alzarlo dal divano e/o farne in seguito una persona meno rabbiosa o meno depressa.

    La mia esperienza personale è che il problema fondamentale della didattica e della vita è la motivazione.
    Di fatto ogni materia – a cominciare dalle fondamentali: lingua madre e matematica – è insegnabile e si dimostra motivante in sé, quindi formativa, laddove l’insegnante sappia interpretare il suo ruolo. In caso contrario, il problema addirittura raddoppia nelle materie umanistiche: oggi si pretende che esse abbiano un’operatività immediata: non è chiaro che il valore non sta nel risultato in termini di mere nozioni e, poi, di utilità lavorativa, ma nel percorso di formazione in se stesso.
    Chi dà ripetizioni e ha un minimo di capacità induttiva sa che un ragazzino che migliora nella materia di cui prende ripetizioni migliora anche nelle altre, e questo accade se l’insegnante di assistenza è in grado di trasmettere all’allievo non tanto le nozioni di quella materia quanto un metodo generale, e soprattutto un modello, che è l’insegnante stesso o lo stesso ideale umano cui l’insegnante aspira: una cosa interessante può sembrare più o meno interessante a seconda di come viene insegnata; è solo in seguito a esperienze di questo genere che un adolescente scopre la propria vocazione personale e decide, se la spinta sopporta il rumore ambientale, di coltivarla.
    L’esempio lo prendo dalle ripetizioni, ma basta un amico, anche coetaneo, e lo scambio può essere anche reciproco.
    Al che, secondo me ci sta – anzi: deve starci – anche un momento fisiologico di trasgressione, che è fondamentale per imparare il valore delle cose; se di questo momento prevalgono le conseguenze negative e le tendenze autodistruttive, è evidente che è mancato qualcosa nella formazione, cioè non è stata resa possibile la scoperta della vocazione individuale, e quindi non c’è stata la spinta della motivazione: ho visto un sacco di gente, in seguito, perdersi per questo.
    E maggiore è la profondità cui una persona è portata, tanto più è facile la confusione ed è facile perdersi. Andrea sa sicuramente di cosa parlo: in quanti adulti disperati hai visto il lampo tradito, la spinta che chiedeva complessità e nelle cui mani non sono stati posti gli strumenti motivazionali e conoscitivi per poterla perseguire?
    Da questo punto di vista, in età tardo-adolescenziale – specialmente in Italia, con il sistema di sostentamento assassino che abbiamo – il rapporto con il contesto può essere devastante: i valori del gruppo subculturale e del contesto familiare d’appartenenza difficilmente sono attaccabili dalle spinte motivazionali degli insegnanti.
    Le vite che ho visto fiorire, invece, sono state o quelle semplici e perfette dei gigli di campo, o quelle in cui una formazione ha permesso di illuminare una vocazione – che fosse la letteratura, o le scienze, o l’arte, o la filosofia (fondamentale è che la natura della materia amata sia capace di aprire mondi non meramente pragmatici, ma che abbiano un ritorno sulla lettura della realtà quotidiana) – dove le tendenze anarco-confusionali, fisiologiche e dovute, dell’adolescenza hanno ingaggiato una dura battaglia critica nei confronti della formazione, e dove infine la vocazione ha trionfato.
    Mia esperienza è che non c’è nulla come l’abitudine alla logica, il rapporto con la materialità affettiva delle persone, delle cose, delle idee e la coltivazione di un’estetica che possa fare da base a una formazione. Mia opinione è che non c’è nulla all’infuori di una battaglia culturale contro l’analfabetismo umanistico e scientifico che possa salvare il culo a questo paese.

  6. @AZucchi

    Si tratta di soggetti ormai narco-dipendenti e quindi non guidati più dal cervello conscio ma da quello inconscio.
    Magari hanno ancora un briciolo di razionalità (cervello conscio o neo corteccia), ma il cervello inconscio sta prendendo il sopravvento.
    Insomma sono trapassi graduali o meglio ancora quantici.
    E’ evidente che solo conoscendo la natura ed aspirando alla massima conoscenza della stessa ( e questo fatto per me è la vera etica moderna), si può evitare questa spirale.
    Cosa vuol dire?
    Ad esempio capire che il nostro stesso corpo è in grado di autoprodurre delle droghe dagli effetti benefici.
    L’endomorfina viene prodotta durante l’atto sessuale e fa notoriamente bene oppure durante una intensa pratica agonistica soprattutto aerobica.
    Quindi una passeggiata a buon ritmo nella natura e poi una pausa meditativa fanno benissimo ,il tutto a costo praticamente zero.
    Un’altra droga è l’adrenalina che si auto produce durante gli sport estremi per me da evitare perchè ti può portare alla morte (vedi i tanti parà che si uccidono da soli).
    La conoscenza della natura, la vera etica di questa nostra età, ovviamente, deve essere incentivata in massimo grado dallo Stato ed invece, purtroppo, non è affatto così.I giovani sono lasciati spesso soli di fronte a queste tremende problematiche.
    Come ho già detto nei precedenti inteventi l’etica strutturata e sedimentata, insomma quella che si insegna a scuola a vari livelli, è ampiamente superata e non ha riscontri pratici di una qualche utilità .
    E’ un mattone che non riesci ad interiorizzare.
    Vai a fare una lezione di etica nelle scuole primarie e secondarie e vedi che facce stranulate si vedono in giro !

  7. @Andrea
    Butto lì, se ti può interessare, qualche indicazione di ricerca.

    “Mi faccio una pera” è quello che viene definito un caso di akrasia, cioè incontinenza. Ci sono su per giù tre filoni di soluzioni.
    Uno determinista, inaugurato da Socrate: se lo faccio vuol dire che credo sia bene, cioè che sono convinto che il piacere che ne traggo è maggiore del dolore che mi produrrò. E non esiste alcuna akrasìa perché non esiste la volontà, io rispondo automaticamente con azioni alle mie credenze (cfr. Platone, Protagora).
    Una più complicata, discussa da Aristotele sulla base della sua metafisica di potenza e atto: io so che la pera è male per me, ma, se mi faccio, nel momento in cui mi faccio è evidente che quella conoscenza in me non è in atto (cfr. Aristotele, Etica Nicomachea, Libro VII).
    In filosofia contemporanea trovi una soluzione complessa, proposta dalla fenomenologia, che coinvolge la questione del libero arbitrio e del sentire affettivo come accesso conoscitivo ai valori (e quindi non si parla più necessariamente di “bene per me”, perché entrano in gioco entità non commensurabili in termini quantitativi come piacere/dolore, e di conseguenza non c’è un riduzionismo razionalista come quello socratico), senza contare poi tutto ciò che è oggetto di studio della psicologia e non della filosofia in senso stretto, che in fenomenologia viene accolto ma considerato non esaustivo della complessità.
    In campo opposto, tra i contemporanei, Donald Davidson ripropone una riduzione del motivo alla causa, in stile socratico, e quindi una negazione dell’akrasia (cfr. D.Davidson, Azioni, ragioni, cause).

    “Posso rubare e lo faccio”. Naturalmente un razionalista socratico ti risponderebbe che quella persona non sa che rubare è male per lui, ed è male perché ha stretto un patto con la società e violarlo incrinerebbe la logica e quindi frammenterebbe la sua identità personale, il che sarebbe doloroso (crf. Platone, Critone). Naturalmente la persona che ruba, non essendo riflessiva, non si trova di fronte al dolore della contraddizione logica, e quindi ha solo motivi per rubare: Hannah Arendt ha mostrato come il non pensare sia un ottimo antidoto a qualsiasi contraddizione (cfr. H.Arendt, La vita della mente). Mi sembra di vedere una soluzione socratica in John Searle, La razionalità dell’azione.
    Un razionalista alla Spinoza potrebbe risponderti che la tua azione è irrazionale perché non giova alla società e tu della società hai bisogno. Non so quanto tenga questa tesi, dato che io posso avere buone ragioni per pensare che la società continui a funzionare o che comunque io tragga più benefici che svantaggi dal furto; secondo me sotto sotto anche qui c’è un’idea socratica di dolore per la contraddizione logica.
    Un fenomenologo imposterebbe tutto su motivi che rispondono a valori o disvalori diversi e su consentire o non consentire a un desiderio.

    Come sai, la mia personale opinione sta dalle parti della fenomenologia.

  8. Come spiegate invece il fatto che io di gente che si fa del male volontariamente l’ho vista spesso? Forse qualcuno di quelli che si autolesiona lo fa inconsciamente, ma chi dice: fanculo, nn mi frega niente di niente, io sta pera me la faccio lo stesso? E’ assenza di etica, quindi questione comunque etica? O è altro? E’ la stessa cosa di chi dice: fanculo, posso rubare e lo faccio..?

  9. Buongiorno Gaio, e buongiorno Mirko.

    “1- il teorema di Kurt Godel non ti ha acceso nessuna
scintilla ? Le tue , in fondo, sono proposizioni
assiomatiche ! Dunque?”

    La scintilla non si è accesa perché tengo sempre una bella lanterna gödeliana accesa: infatti non sono io a basare un intero sistema complesso su un riduzionismo razionalista, e il mio rispetto credo si mostri anche nel non lasciare il sommo Gödel a rispondere di quello che sostengo io; al contrario (e fermo restando che io non ho parlato del mio sistema) per mantenere trasparenza, proprio perché il teorema del sommo individua il problema nei presupposti assiomatici dei sistemi, mi sforzo di esplicitare quanto più possibile i presupposti – è anche una questione di rispetto per il mio interlocutore – dunque è possibile che il numero di proposizioni assiomatiche del mio discorso, sempre che vi siano, possa apparire maggiore, perché un atteggiamento gödelianamente corretto ha come conseguenza l’essere più prolissi; ma nello spirito di Gödel si dovrebbe guardare anche quanti presupposti assiomatici un discorso assuma senza esplicitarli, dunque se vogliamo confrontare quante proposizioni assiomatiche vi siano realmente nel mio e nel tuo discorso, contando anche quelle taciute ma fondanti e implicite, e poi fare un confronto, fammi sapere, sono qui.

    2- Hai mai visto uno che, razionalmente, fa male a se
    stesso?

    Certo che no, grazie al cielo. Ho già espresso la mia opinione in merito, dal punto di vista etico, al punto 2 del commento del 24 agosto del 19, da non confondere con l’obiezione dal punto di vista fisico espressa nell’ultimo commento (distinzione cause/motivi), e con l’obiezione dal punto di vista formale espressa pressoché in tutti i miei interventi (distinzione fisica/etica).

    Quanto alle sovrastrutture, pensa a questo: A dice che un predicato è un sostantivo, B lo corregge, allora A dice “ma l’analisi grammaticale è una sovrastruttura”, “Grazie al piffero” risponderebbe giustamente A, “ma un predicato non è un sostantivo.
    Detto altrimenti, se accetto il linguaggio, accetto anche di usarlo secondo le sue regole, e mi impegno a muovermi come se considerassi vera, almeno localmente, l’analiticità della logica classica o quanto meno un principio di traducibilità interlogico; altrimenti posso anche scrivere poesie battendo tasti a caso o spogliarmi nudo, arrampicarmi sul San Bartolo e cibarmi di bacche psichedeliche.
    E anche questa mi pare sia una questione di etica.

    Ringrazio Gaio e Andrea per la discussione.

  10. Quando l’umanità sarà più matura, oltre a volerci tutti un bene della madonna, saremo tutti d’accordo… per adesso non lo siamo 😉

  11. @Mirko Fabbri

    Per me invece è tutto piegato …Jacopo Nacci è un filosofo, logico, ma dei tempi passati.
    Non ha ancora interiorizzato le scoperte di Einstein,Aspect, Feynman,Godel e tanti altri.
    Andrea Zucchi invece è sulla buona strada e ha appreso molto di quello che sa, prendendo coscienza di se stesso ed immergendosi nella natura.

  12. @ Ultimo spot per Jacopo Nacci

    Ho letto tutto con interesse anche se le tue argomentazioni sono complesse.
    Ti obbietto 2 cose:
    1- il teorema di Kurt Godel non ti ha acceso nessuna
    scintilla ? Le tue , in fondo, sono proposizioni
    assiomatiche ! Dunque?
    2- Hai mai visto uno che, razionalmente, fa male a se
    stesso?

    La mia conclusione è che crei ed usi troppe sovra-strutture .
    Questo è il mio pensiero e non è assolutamente detto che sia il miglior pensiero possibile.

  13. J.: “Rimane vero che poter fare una cosa è oggetto della fisica e decidere se farla è oggetto dell’etica”

    G: “Jacopo ,spiegami perchè , se è vero ciò che dici, l’uomo è spesso preda delle pulsioni che provengono dal cervello rettile (lo strato più profondo) che lo portano ad uccidere un altro uomo senza che neppure se ne accorga!
Hai voglia ad implorare l’etica in casi di questo genere!”

    Come tu dici, “senza che neppure se ne accorga”.
    Non troverai in tutto quello che ho scritto un’affermazione contraria al fatto che tutto provenga dalla natura, né un disconoscimento del ruolo del cervello rettile.
    E’ interessante quel “senza che neppure se ne accorga”, perché tu fai una cosa: ti riferisci a un campo (la psicofisiologia) che non è di pertinenza dell’etica, ma questo non significa che l’etica non abbia un campo di pertinenza. Potremmo anche salire un po’ di più e riferirci al campo della psicologia, cioè dei fenomeni mentali che sfuggono alla coscienza, e fare lo stesso discorso; semplicemente perché l’etica non si occupa del campo della psicofisiologia, né di quello della psicologia, ma delle norme di condotta che guidano o non guidano la struttura emergente dai campi sottostanti e che definiamo “soggetto”. In altre parole l’etica si occupa dei motivi, non delle cause.

    Dunque di fatto rimane che tu hai anche una parte cosciente e non sei tutto ricompreso nella tua parte pulsionale.
    Ma, va bene: ammettiamo pure che il soggetto non esista e che non vi sia alcuna emergenza di un soggetto da una costituzione fisica di base, e che questa esaurisca tutto. Io non sono d’accordo, ma ammettiamolo.

    (anche se tu finora non hai mai sostenuto che tutto il comportamento è riducibile alle sue cause fisiche, infatti io non ti ho mai contestato questo. Tu prima hai sostenuto che l’etica è riducibile alla fisica, e questo, palesemente, non è vero.
    Diciamo che gli angeli non esistono. Puoi dirmi che le nostre immaginazioni sugli angeli sono frutto di fenomeni neurologici, e io non ho nulla da obiettare. Ma questo non significa che l’angeologia sia riducibile alla fisica.)

    Accettiamo dunque di relegare la coscienza allo statuto di pia illusione; di fatto, non elimini l’etica, perché la domanda “Ok, e mo che faccio?” rimane, e le risposte saranno risposte morali: “Sto fermo e aspetto”, o “Faccio quello che facevo prima”, “Faccio quello che mi pare perché la coscienza è un’illusione e a quel paese la morale” o “Mi adopero per divulgare nel mondo questa grande scoperta” etcetera, che sono decisioni sull’azione e non mera presa d’atto di stati fisici, perché il tuo stato fisico attuale ti permette in base alle tue conoscenze di ordinare il tuo stato fisico futuro, e in quale direzione ordinarlo rimane COMUNQUE una decisione sulla condotta, quindi l’etica non è eliminata.
    Infatti, come ho già detto, esistono da sempre etiche riduzioniste, che riducono ogni motivo a una causa naturale: ciò non toglie che siano etiche; sono etiche che possono basarsi sul riduzionismo fisico, ma NON SONO delle fisiche: non enunciano – pur condividendolo – “Io sono una struttura fatta così e così”, bensì enunciano “dunque baso la mia condotta sulla massimizzazione dei piaceri” o “dunque non baso la mia condotta sulla massimizzazione dei piaceri” (faccio per dire, sono esempi).
    Infatti, nella tua affermazione precedente, che era diversa, tu NON eliminavi la decisione, perché di fatto, qualsiasi cosa riteniamo vera sulla coscienza, noi continuiamo a ragionare e a scegliere obbiettivi, infatti la tua posizione precedente era:
    “Io non faccio male a un altro perché l’altro è me stesso”.
    La frase enunciava insieme una tesi fisica e una decisione morale, comunque tu la voglia mettere, qui tu traevi o cercavi di trarre da una tua credenza sul mondo un motivo per un’azione (un motivo, non una causa).
    Allora io ho detto due cose:
    1) Una è quella che ho ripetuto adesso, qualche riga più in su, e cioè che questa tua frase, “Io non faccio male a un altro perché l’altro è me stesso”, si muove COMUNQUE nel campo dell’etica come descrizione dei fenomeni morali: ne stai facendo un criterio per l’azione. Un discorso su QUALI atteggiamenti decidere di tenere in base alla mia consapevolezza di essere, mettiamo, una semplice sventagliata di sinapsi, come ho già detto una decina di volte, rimane un discorso che ha per oggetto la morale, non la fisica. Anche il dire “non ho nessuna morale” di fatto è un discorso morale, almeno quanto il dire “sono una sventagliata di sinapsi” di fatto è un discorso fisico.

    2) Quanto alla mia domanda originale su quella tua frase, era:
    Cosa c’è di vincolante per il mio comportamento nel fatto che l’altro è me, dato che io posso saperlo e fargli comunque del male? E questo tu hai detto che non lo capisco perché non ho ben compreso la fisica. E vabbè. So anche che io sono io, ma questo non mi impedisce, in linea di principio, di praticarmi tagli sotto le ascelle.

    Dunque, se ho finalmente intuito la tua posizione (e in caso ti chiedo di correggermi), tu stai dicendo che soltanto per un fatto evolutivo ancora non siamo istantaneamente, senza coscienza, orientati al bene dell’altro; ma che probabilmente questo un giorno avverrà, e l’etica, sia come sistema di valori, sia come materia di riflessione, non sarà più necessaria. Perché ciò che oggi è conoscenza domani sarà struttura in dotazione e ad esecuzione automatica.
    Tuttavia la tua frase “Io non faccio male a un altro perché l’altro è me stesso” rimane un fatto cosciente QUI e ORA, tu ne stai parlando, la stai esponendo e la ritieni un criterio per l’azione, non avviene a tua insaputa passando dal cervello rettile all’azione, non è cioè una causa: è un motivo, presente alla coscienza.
    Quindi la mia domanda rimane la stessa: perché la consapevolezza che un giorno avverrà dovrebbe impedirmi ora di fare male agli altri? O, detta in altro modo, perché io dovrei già ora, che ancora non sono determinato evolutivamente al bene dell’altro, farlo? E il fatto che io lo faccia, mettiamo, per coadiuvare la spinta evolutiva, non significa comunque che io ritenga un bene il risultato di quella spinta evolutiva? E perché lo ritengo un bene? Insomma: cosa c’è di vincolante per l’azione in una concezione del mondo?

  14. @AZucchi e @Jacopo Nacci

    ” Quindi un’etica, che per forza rientrerà sempre nel gioco dei 3 livelli, sarà sempre relativa.”

    Andrea che dice queste cose mi fa pensare ai famosi teoremi di incompletezza di Kurt Godel.
    Ovvero, detti in parole povere ,in qualsiasi sistema costituito da assiomi , puoi sempre trovare un assioma che contraddice tutto il resto !

    “rimane vero che poter fare una cosa è oggetto della fisica e decidere se farla è oggetto dell’etica”

    Jacopo ,spiegami perchè , se è vero ciò che dici, l’uomo è spesso preda delle pulsioni che provengono dal cervello rettile (lo strato più profondo) che lo portano ad uccidere un altro uomo senza che neppure se ne accorga!
    Hai voglia ad implorare l’etica in casi di questo genere!

    In realtà tutto proviene dalla natura .
    Godel diceva , a proposito,” non è il tempo che scorre intorno a noi… ma i dati ” !

    Chiaramente io sogno una evoluzione dei dati , cioè della natura, dove tutto sia coerente e non abbia bisogno dell’etica.

  15. Nel mio ultimo commento, con le conclusioni, non mi pare ci fosse niente di antitetico a queste tue considerazioni, anzi! Mi pare che i 3 livelli siano chiari, ma forse son io a non essere stato sufficientemente chiaro nella mia esposizione. Sulla necessità delle norme, forse ti avevo interpretato male, a parte che anche io non mi dichiaravo contrario a priori, ma le legavo ad una condizione presente.
    E che l’etica come discorso non si possa eliminare, già per il fatto che ne stiamo parlando, mi pare ovvio.
    PS: il fatto che i commenti escano dopo la moderazione, e in mezzo si possa inserire altro, forse crea un pò di confusione, in questi casi…

  16. @Andrea
    intanto grazie per la risposta.
    Vedo che rinnovi l’invito a chiudere questa discussione. Magari hai ragione tu fin dall’inizio: porta sfiga.
    Mi limito a precisare un paio di cose.

    Il sistema dei tre livelli è un sistema ontologico: al massimo puoi basare un’etica prudenziale sul secondo livello e un’etica assiologica sul terzo, ma lasciamo perdere perché mi rendo conto che quello schema ha creato più confusione che altro, e probabilmente è colpa mia.

    Tu dici:
    “io spero di valere più di un foglio di carta igienica, quindi forse mi piace più la seconda della prima! Ma è sempre relativo al mio sentire.”
    Io ti direi che tu senti di valere più di un foglio di carta igienica, e questo tuo sentire è relativo alla realtà.
    Tu dici:
    “Le leggi e l’essenza della Natura invece – seppur sempre soggette al mezzo umano per essere comprese, e quindi legate all’incertezza di una reale e profonda conoscenza – contengono le leggi e l’essenza stessa di tutta la Vita (vedi macro/microcosmo), quindi applicandole a noi (senza sovrastrutture) otterremmo un’indicazione vera per definizione.”
    Continuo a vedere una sovrapposizione che non c’è, come se si dovesse scegliere per forza tra sapere di essere formati tutti con gli stessi materiali e sapere che le cose non hanno tutte lo stesso valore; quando per me le due cose non solo possono essere, ma di fatto sono vere entrambe, e sono relative ad aspetti diversi della stessa realtà.

    “essendo l’uomo ancora parecchio indietro nella scala evolutiva, condivido che servono non solo norme etiche, ma pure leggi civili,”

    Vedo che anche qui si continua ad attribuirmi una cosa che io (in quanto anarchico, poi!) non ho detto: e cioè che servano norme etiche. Le norme etiche, invece, dico proprio che non servono (tanto meno le leggi civili): non servono, perché la realtà è in sé normativa, le norme sono là, possono solo essere scoperte; così come è qui la mia libertà di rispondere positivamente a una norma decidendo di trattarti secondo realtà (cioè come una persona), o di rispondere negativamente secondo riduzione (cioè come particelle).
    Io non ho mai parlato di “necessità” di norme, non l’ho mai detto: ne avete parlato voi. Io ho solo detto che l’etica è irriducibile alla fisica anche qualora si abbia una morale prudenziale, e questa è logica.

    E, sinceramente: no, non vedo come l’evoluzione potrebbe eliminare l’etica: forse perché un giorno saremo obbligati a fare il bene dalla struttura del nostro cervello? Bel lavoro! In quel caso sì che sarebbe la fine dell’etica, ma forse sarebbe porci qualche interrogativo etico oggi sulla desiderabilità di una fine del genere…
    Saremo obbligati dalle nostre conoscenze in campo assiologico? Non finirà certo l’etica, ne saremo solo più padroni.
    In altri casi, indipendentemente dalle nostre possibilità e fino a prova contraria, rimane vero che poter fare una cosa è oggetto della fisica e decidere se farla è oggetto dell’etica.

    Comunque io avevo solo domandato una cosa (cosa c’è vincolante in una descrizione) e avevo solo esposto una tautologia (un discorso sulla morale è un discorso sulla morale). Ma vabbè.

  17. La tua dissertazione caro Jacopo è impeccabile, e non si può non dire che dimostri perfettamente che da un livello descrittivo non se ne può trarre uno normativo. Io alla fine penso questo: che in modi differenti io e Gaio intendiamo che ogni sistema interpretativo, per quanto Bello, non può pretendere di arrivare a porre norme, proprio perchè interpretativo e quindi umano, caduco, soggetto al mutamento del tempo (quando non soggetto alla pura meschina materialità…vedi uso politico della religione\scienza) . Quindi un’etica, che per forza rientrerà sempre nel gioco dei 3 livelli, sarà sempre relativa. Come dire se sia migliore il nichilismo, o l’etica cristiana, se non interpretando? E’ pur vero che io spero di valere più di un foglio di carta igienica, quindi forse mi piace più la seconda della prima! Ma è sempre relativo al mio sentire. Le leggi e l’essenza della Natura invece – seppur sempre soggette al mezzo umano per essere comprese, e quindi legate all’incertezza di una reale e profonda conoscenza – contengono le leggi e l’essenza stessa di tutta la Vita (vedi macro/microcosmo), quindi applicandole a noi (senza sovrastrutture) otterremmo un’indicazione vera per definizione. Probabilmente non ne nascerebbe una norma, ma un’indicazione, che lascerebbe più spazio all’uomo. Ma essendo l’uomo ancora parecchio indietro nella scala evolutiva, condivido che servono non solo norme etiche, ma pure leggi civili, che ne sono lo stadio successivo.
    Insomma pare che l’uomo non abbia la capacità ancora di autoregolarsi seguendo la Natura, tutto qui…
    Scusate le semplificazioni ma questa discussione persa su così tanti commenti mi ha fatto un pò perdere il filo…
    Se volete continuiamo a tre la discussione dal vivo, sarebbe bello!

  18. “Poi… ma questa è solo una curiosità… una definizione di etica come la tua …da dove viene fuori?”

    “Etica. In generale, la scienza della condotta.”
    Dizionario di filosofia di Nicola Abbagnano, UTET.
    Non è il migliore in circolazione, ma sintetizza piuttosto bene la terminologia di duemila e passa anni di disciplina.

  19. Penultimo spot per Jacopo Nacci

    E’ del tutto evidente che non comprendi le valenze enormi su tutti i piani, non solo su quello etico, dell’unicità energetica dell’Universo.
    Quindi non ti posso dare risposte…semplicemente perchè non non comprendi gli antefatti.
    Il che equivale a dire che potremmo continuare a discutere all’infinito.

    Poi… ma questa è solo una curiosità… una definizione di etica come la tua …da dove viene fuori?
    Mi sembra che vuoi sempre dimostare chissà che cosa !
    Ti senti incompreso forse?

  20. @Gaio,
    ti rimando a quanto detto nel commento subito prima del tuo e che è uscito ora dalla moderazione.

    Rispetto a quanto dici qui:

    “L’etica regola i comportamenti del singolo verso il prossimo in funzione di ideali superiori”.

    Non necessariamente: l’etica è il modo in cui rispondiamo quando qualcuno ci chiede perché viviamo in un certo modo.

    Tu dici:
    “La fisica studia e sperimenta la natura.
    La fisica ormai ha dimostrato e sta dimostrando sempre di più che l’Universo è UNO.
    Un Universo UNO ha bisogno dell’etica?
    A mio parere no !”

    Ti invito a leggere i quattro punti del mio intervento subito dietro il tuo (senza entrare nella distinzione tra fisica, ontologia e logica, ché mi pare ci sia già abbastanza carne al fuoco, ma sul fatto che avremmo “scoperto” quell’uno e sulla definizione di “universo” ci sarebbe da dire).
    Mi limito a domandare, di nuovo, cosa abbia di vincolante la mia cognizione che l’universo sia uno o tredici o ventimila rispetto ai miei comportamenti. Davvero.

    Tu dici:
    “E’ chiaro che io sposto il problema del superamento dell’etica a nostri livelli evolutivi che ora sono assolutamente lontani (anche se la fisica e la matematica li hanno dimostrati teoricamente raggiungibili) e quindi il mio ragionamento ora è da “mulini a vento”, e posso darti ragione che, per come è fatto attualmente l’essere umano, l’etica è necessaria”.

    Continuo a domandare perché la possibilità fisica che io possa, oggi o un giorno, fare del bene a qualcuno, mi vincoli a fare effettivamente del bene, e perché la motivazione debba essere fatta entrare – mi pare a forza finché non ricevo risposte – nel campo della fisica.
    Grazie per le eventuali risposte.

  21. @ Jacopo Nacci

    Spero di rispondere senza che tu possa pensare che voglio spostare il problema.
    L’etica regola i comportamenti del singolo verso il prossimo in funzione di ideali superiori.
    La fisica studia e sperimenta la natura.
    La fisica ormai ha dimostrato e sta dimostrando sempre di più che l’Universo è UNO.
    Un Universo UNO ha bisogno dell’etica?
    A mio parere no !
    E’ chiaro che io sposto il problema del superamento dell’etica a nostri livelli evolutivi che ora sono assolutamente lontani (anche se la fisica e la matematica li hanno dimostrati teoricamente raggiungibili) e quindi il mio ragionamento ora è da “mulini a vento”, e posso darti ragione che, per come è fatto attualmente l’essere umano, l’etica è necessaria.
    Anzi… ora che mi viene in mente.. ti racconto questo episodio che viene proprio dal mio vissuto, per farti capire come siamo lontani dalla meta.
    Ho un nipote che gioca a calcio nel Piacenza in serie B ed in squadra, c’è un giocatore molto religioso che si dedica alla mistica. Un gruppo di tifosi beceri, sapendo della sua passione, l’hanno visto entrare in campo, l’hanno chiamato e hanno volutamente bestemmiato ! Il giocatore si è rivolto a mio nipote che era nei pressi e ha detto:”hai visto cosa mi tocca sopportare?”.
    Questo è uno dei tanti esempi del nostro, come esseri umani, livello attuale.
    Personalmente scrivo nel blog per suggerire la possibilità di altre evoluzioni superiori.

  22. @Gaio,

    ai fini del dibattito, attendendo che anche Andrea dica la sua, cerco di fare chiarezza, perché forse ho contribuito io per primo a generare confusione e perché non credo ci sia argomento più importante, del quale uomini dabbene possano discutere, della domanda su come dovremmo vivere.

    Dunque Gaio, i punti che ti ho contestato nel corso della discussione sono quattro.
    1) Che la fisica elimini l’etica intesa come discorso.
    2) Che la fisica elimini l’etica intesa come sistema di valori.
    3) Che la meccanica quantistica, in particolare, abbia reso obsoleta l’etica.
    4) Che un’etica prudenziale sia un’etica assiologica.

    Dunque,
    rispetto al punto (1): Che la fisica elimini l’etica intesa come discorso.
    la fisica non può, per definizione, eliminare l’etica come discorso: ogni volta che fai un’affermazione morale, di fatto sei nel campo dell’etica, non della fisica.
    Che tu ponendoti quegli interrogativi sia nel campo dell’etica lo dimostra il fatto che usi il verbo “dovere”, o che Andrea, più su, usava un imperativo. La descrizione di uno stato di cose, come per esempio “Nel mondo subatomico non si può parlare di un vero e proprio stato di cose” è una descrizione della realtà, infatti usa un presente indicativo, ma non mi dice come devo comportarmi. Non appena io passo a un discorso normativo, qualsiasi siano le opinioni sul mondo su cui lo baso, tecnicamente io sono già nel campo dell’etica.

    Rispetto al punto (2): Che la fisica elimini l’etica intesa come sistema di valori.
    Faccio un altro esempio: “Andrea è vittima di un incidente: devo aiutarlo”. Qui la prima frase è una descrizione scientifica, che non rientra nel campo dell’etica come discorso; la seconda frase è il termine di un sillogismo pratico, che invece rientra nel campo dell’etica, intesa sia come discorso, sia come sistema di valori.
    Ora, è vero che io aiuto Andrea (etica) perché Andrea è rimasto vittima di un incidente (descrizione scientifica). Ma le risorse normative le trovo nel valore di Andrea in quanto persona, non in quanto ammasso di particelle, altrimenti potrei riservargli lo stesso trattamento che riservo alla carta igienica: anche lei era lì con me, era me, nell’origine del tutto. Se aiuto Andrea è perché la mia coscienza (frutto di una costituzione fisica) riconosce in Andrea (frutto di una costituzione fisica) un valore che è irriducibile alla sua costituzione fisica, che rispetto ad essa è un surplus.

    Rispetto al punto (3): Che la meccanica quantistica, in particolare, abbia reso obsoleta l’etica.
    questo te lo contesto per altri motivi. Tu dici che l’etica è una sovrastruttura. Questa è una posizione che ha una sua dignità, e non la contesto in questa sede (la contesterò al punto 4). In questa sede mi limito a contestare che una posizione morale del genere sia nata con la meccanica quantistica: il nichilismo morale c’era anche prima: io potevo ridurre a cose la mia persona e le persone attorno a me anche quando si credeva nell’atomismo greco, anche quando abbiamo cominciato a vederci come macchine (cioè già da qualche centinaio di anni), e posso farlo ora vedendomi come ammasso di particelle: cambia la descrizione fisica del mondo, ma non cambia la possibilità di ridurre ogni persona alla sua descrizione fisica.
    In questo caso io posso eliminare l’etica come sistema di valori, ritenendola una sovrastruttura (vedi punto 2), ma non l’etica come discorso (vedi punto 1), perché, di fatto, anche se dico “cerco ciò che mi conviene, e penso solo al soddisfacimento dei miei bisogni”, questa è un’etica (tanto è vero che Spinoza ha chiamato il suo trattato, basato su un sistema di pura convenienza, “Etica more geometrico demonstrata”), e tecnicamente si chiama “etica prudenziale”.

    Rispetto al punto (4): Che un’etica prudenziale sia un’etica assiologica.
    Stando che dal punto di vista atomico sia Andrea sia la carta igienica sono ammassi di particelle, nel momento in cui dico “salvo Andrea perché io e lui siamo la stessa sostanza”, io qui vedo una versione psicologista dell’etica prudenziale, cioè dell’etica della convenienza, cioè “salvo Andrea perché è parte del mio io allargato” (anche se mi pare chiaro che, in una versione schiettamente materialista, avrebbe più senso salvare Andrea perché magari è il mio datore di lavoro, o perché egoisticamente mi conviene vivere in una società che salva la gente quando ne ha bisogno, come ti dicevo del bene comune).
    Ora, un’etica prudenziale non è un’etica assiologica, quindi quando tu dici che “bisogna andare al di là dell’egoismo” e “io faccio del bene (o non faccio del male) all’altro perché è parte della stessa energia di cui io sono parte”, io sostengo che le due cose siano in contraddizione, perché “bisogna andare al di là dell’egoismo” rivela un’etica assiologica, cioè un sistema di valori, mentre “io faccio del bene all’altro perché è parte della stessa energia di cui io sono parte” rivela una versione psicologista di un’etica prudenziale, cioè di un’etica della convenienza.

    Per onestà intellettuale, dichiaro di pensare al mondo come a un ammasso di particelle che in determinate configurazioni acquistano un surplus di valore rispetto alla mera somma delle parti e delle fluttuazioni, cioè la mia etica è un’etica assiologica.

  23. @Gaio

    “attribuire a noi (me e Andrea) il principio che la fisica ha sostituito la filosofia è errato completamente”.

    A me pare che tu abbia detto, più su, “credo più alla fisica che alla filosofia” (ad Andrea ho attribuito altro).
    Ora, a me sembra che una frase come questa sottintenda che fisica e filosofia dicano cose diverse sugli stessi argomenti, il che non è vero, e che tu abbia scelto la campana della fisica, che di fatto, nelle tue parole, avrebbe sostituito la filosofia.
    Ma magari ho capito male.

    Poi tu dici:
    “Perchè devo far male ad un altro se l’altro è me stesso?”

    Ripeto:
    E perché no? C’è qualcosa che me lo impedisce?
    Usi il verbo “dovere”: di fatto, l’interrogativo che poni, è un interrogativo morale, cioè rientra nel campo dell’etica, non della fisica.

    E perché dovresti guarire un altro a distanza per il solo fatto che potresti farlo? Anche ora io posso fare del bene a qualcuno, la fisica me lo permette. Ma se non ho voglia? Sì, io e lui eravamo identici, quark e gluoni, ebbene? Cosa me ne frega?

    Qualsiasi risposta tu dia a queste domande, se è una risposta e non si limita a spostare il problema, è una risposta morale, non una descrizione fisica del mondo.

  24. @Jacopo Nacci

    No… attribuire a noi (me e Andrea) il principio che la fisica ha sostituito la filosofia è errato completamente.
    Dove la fisica non arriva …lì incomincia la metafisica che di fatto è filosofia.
    Invece hai ragione di attribuirci il concetto che la fisica, intesa come conoscenza sempre più approfondita della natura, sostituisce l’etica.
    Perchè devo far male ad un altro se l’altro è me stesso? Infatti all’origine di tutto , il big bang appunto, scientificamente ormai riconosciuto da tutti nel Modello Standard, all’origine di tutto, io e l’altro eravamo identici , cioè quark e gluoni !
    Ora io e l’altro, ci siamo evoluti diversamente ma siamo inseriti in un continuum energetico e, addirittura allenando le nostre menti al Campo del Punto Zero, potremmo comunicare a distanza!
    Addirittura, potrei guarire un altro a distanza!
    E’ solo una questione di evoluzione…prima o poi ci arriveremo.
    A questo punto che bisogno ho dell’etica?
    L’etica è una sovra-struttura, esattamente come la filosofia.
    La fisica invece è struttura.

  25. Senti, io con i giochi di parole non sono bravo; e nelle discussioni mi impegno, non mi piace perdere tempo, e la responsabilità di quello che dico me la prendo.
    Avete detto, rispettivamente Gaio e te, che da quando la fisica si è evoluta non è più necessaria l’etica perché la fisica l’ha sostituita, e che fisica e filosofia (riferendoti all’etica) si sovrappongono.
    Dici di voler portare su certi cammini quanta più gente possibile. Sto aspettando.

  26. Te però ragazzo sei faticoso.
    “Tu parlavi di oriente in genere”.
    No. Ho fatto riferimenti precisi e distinti. ^^
    “E non ti davo del bigotto!”.
    Infatti: mi hai dato del cattolico. ^^
    “Le discipline interferiscono perchè partono tutte dallo stesso posto, l’Uomo”.
    Sì sì, però ancora nessuno qui mi ha dimostrato come trarre una norma da una proposizione descrittiva, strano perché tutti dicono che è ovvio. Io sto ancora aspettando, eh.
    Come diceva quel tizio dei girotondi?
    “Le parole sono importanti”.
    Se oggi sei in giro fatti vivo. 😉

  27. Ahahhah non sarà colpa mia se non riusciamo mai a beccarci. Comunque per schiantarla: il taoismo l’ho aggiunto io, tu parlavi di oriente in genere. E non ti davo del bigotto! 😉
    Le discipline interferiscono perchè partono tutte dallo stesso posto, l’Uomo…
    Infine: semplicemente penso che non ci debbe essere un primato. Dovrebbe essere un respiro armonioso, come quello dell’universo, col suo allargarsi e restringersi, avvicinarsi ed allontanarsi. Ci sono legittimi momenti per l’introversione ed altri per l’estroversione…
    Un abbraccio, alla prossima, con birra o cappuccino!

  28. @Andrea,
    mi fa sorridere questa cosa: non ho mai nominato il taoismo. ^__^
    Non c’è bisogno di una matrice cattolica: sono cristiano, ma se mi dai del cattolico – annettendo tutta una serie di robe tipo i miracoli, il creazionismo, persone peraltro di dubbia esistenza storica che muoiono e dopo tre giorni risorgono – me la prendo. ^__^ Tralaltro, sui tre piani, il cattolicesimo rimane su quello logico, come il buddhismo e l’ebraismo veterotestamentario; ciononostante il terzo piano non può esistere senza gli altri due.
    Quanto alla disciplina: fisica è scoperta della natura, filosofia indagine dei concetti e delle relazioni logiche, religione è esperienza del sacro; non riuscirò mai a capire perché l’una dovrebbe interferire con l’altra, ma forse è che non sono Odi Freddi. ^__^
    L’altro, io: in questo circolo vorticoso, sinceramente, fatico a capire dove sta l’inizio. Attribuisco un primato operativo e di valore, non strettamente conoscitivo.
    Certo che se ti facessi vivo, ogni tanto, farebbe piacere fare due chiacchiere davanti a una birra, con la disposizione d’animo di chi è in perenne ricerca.

  29. Postilla: non avevo potuto leggermi in pace tutti gli ultimi interventi, nè avevo avuto il tempo di rispondere, ma ci tenevo comunque a farlo!
    Così replico ora, molto brevemente però!
    @Jacopo e Gaio
    Posto che questa discussione mi ha dato spunti molto interessanti (in particolare mi son riletto l’ottimo Scheler, e mi stupisce sempre il mitico esperimento di Aspect!Mi devo invece leggere il Vangelo di Maddalena), io molto semplicisticamente ridurrei tutto a questo: delle teorie fisiche, filosofiche e pure religiose, penso si debba utilitaristicamente prendere un insegnamento semplice, che va sempre nella stessa direzione: la necessità (non purtroppo inevitabile, se ridotta ad una semplice sola vita) di andare verso l’altro, e verso se stessi, che forse poi è la stessa cosa.
    Ti contesto Jacopo solo questo (e forse anche il considerare le discipline orientali, in particolare il taoismo, dal punto di vista di un qualsivoglia valore o surplus di valore, che sia esso negato o determinato da qualsiasi dei 3 livelli che citi), e cioè l’importanza discriminante che dai (forse la matrice è cattolica, ma non ne sono sicuro) all’altro, al prossimo, fermandoti un pò troppo su quel polo. La necessità è ricondurci a noi stessi e all’altro. Anzi forse è impossibile fare la seconda cosa senza la prima. Poi essendo umane, e nessuna divina, tutte le discipline sono parziali e soggette ad usura, caduche come l’Uomo. Certo alcune si avvicinano in maniera impressionante ad una verità che sentiamo come più vera, ma sempre parziali rimarranno…
    L’importante insomma rimane sempre cercare, dentro e fuori, e lanciarsi verso l’altro senza perdere noi stessi, senza dimenticare mai che tutto ciò sarà sempre e comunque semplicemente umano (non credo nella scintilla divina, ma semmai in una unione spirituale delle cose…che poi forse è lo stesso…). E, aggiungerei, cercare di portare su uno di questi cammini di co(no)scienza più gente possibile, tra quelli che si sono seduti sulla riva del fiume…

  30. @Zucchi
    Chiudo io si: se non ci fossero le aragoste, le riusciresti a immaginare? Adesso che siano crostacei o umani vivono entrambi nello stesso pianeta. Sicuro non siamo soli e quando ci incontreremo sara’ un grande giorno, spero tanto di esserci.
    Sempre che improvvisamente qualcuno di noi non inizi a sparare a tutto cio’ che si muove come fecero gli inglesi con gli indiani. Impariamo a dare, basta tenere.

  31. @Gaio

    “ti devo dire, credo più alla Fisica, per giunta sperimentata scientificamente, che alla Filosofia.”

    Quello che sto cercando di dirti è che non c’è conflitto, perché l’ambito dell’ontologia, della fisica e dell’etica non sono lo stesso ambito: sono complementari.
    I tre piani che ti ho messo lassù sono tre piani necessari alla costituzione della realtà, non antagonisti: complementari.
    Buon fine settimana a te e a Pereira che ci ospita.
    😉

    Vado a vedermi la questione Aspect e ipotesi olografica, grazie per la dritta.

  32. @ Jacopo Nacci

    Ho letto tutto con la massima attenzione possibile ma onestamente, ti devo dire, credo più alla Fisica, per giunta sperimentata scientificamente, che alla Filosofia.
    Se dovessi basarmi sulla Fisica Teorica , che si avvicina molto alla Filosofia,propenderei per la visione delle infinite possibilità ” il caos ontico da cui scaturiscono le infinite possibilità: la danza di Shiva”.
    E’ una teoria che mi piace e che ritengo pure in linea con molti episodi che mi sono capitati e che hanno dato indirizzi forti alla mia vita .
    Tra l’altro è in linea con l’ Ipotesi Olografica dell’Universo che parte dall’esperimento di Alain Aspect (http://www.xmx.it/universoillusione.htm ).
    Ora l’esperimento di Aspect (1982) è fondamentale perché sancisce sperimentalmente l’Universo come continuum energetico,completando l’intuizione einsteiniana, però l’Ipotesi Olografica mi sembra una intuizione che va troppo in là rispetto a Aspect, dunque va vista con interesse fino a che non è dimostrata scientificamente per intero.
    C’è chi dice che la relatività ci porterà a viaggiare nel tempo sia verso il futuro che verso il passato.
    Per ora non ci credo, ma aspetto di vedere con curiosità.
    Mi sento quindi di far parte di un’unica macchina evoluta che continuamente evolve, appunto l’Universo e se sono triste lo sono perchè vedo molta gente che continua a pensare l’uomo da un lato e l’Universo dall’altro come macchina da sfruttare.

  33. @Gaio,
    cerco di spiegarmi. Non è che non mi sia chiara la questione della relatività (per quanto possa essere chiara la questione della relatività, ovviamente :-).
    E’ il passaggio da una fisica (che peraltro non sono per nulla sicuro sia anche un’ontologia) a un’etica che non è necessario, non è stringente.
    Cerco di spiegarmi sulla base della questione buddhismo; chiedo scusa ma non potrò essere sintetico.

    Parto dalla cosiddetta legge di Hume, che nella sua versione negativa può essere espressa così: “è impossibile ricavare un sistema normativo da una proposizione descrittiva” e che quindi, in una versione positiva, si può esprimere così: “un sistema morale è irriducibile a un sistema descrittivo (fisico o filosofico)”. Hume parte da una concezione tipicamente cristiana, dove il sentimento morale non risponde a criteri egoistici ma, nella sua versione ideale – quindi mai perfetta nel concreto, ma sempre in tensione verso l’ideale -, si rivolge al “tu”, non in quanto parte della stessa sostanza di cui io faccio parte, non in quanto “altro me” insomma, ma in quanto “tu”, cioè – in termini fisici – una configurazione energetica che ha però un suo principio di individuazione emergente irriducibile alle sue costituenti.
    Il buddhismo ricava la sua morale invece dal “noi”, cioè dalla contiguità di tutti gli enti, dall’essere tutti parte di una stessa sostanza (uso qui “sostanza” in senso lato, non in contrapposizione a “energia”): in questo modo io non ti faccio male perché noi siamo parte di una stessa sostanza, che sono anche io, ma di fatto il senso psicologico è che io non ti faccio male perché tu fai parte di un mio “io” universale, come tu non mi fai male perché io sono una manifestazione del tuo “io” universale. Per questo, anche se non è esatto, viene spesso detto che nel buddhismo la realtà è concepita come un’illusione.
    Questa è quella che nello gnosticismo cristiano di matrice valentiniana viene considerata una mentalità psichica, cioè basata sull’anima come facoltà logica di comprensione del mondo, quindi descrittiva, cioè la facoltà della filosofia e della scienza.
    Il piano della descrizione è il secondo piano della trinità.
    Il primo piano o piano ilico (Shiva nell’induismo, Zeus per Eraclito, il Padre nel cristianesimo) è il caos ontico da cui scaturiscono le infinite possibilità: la danza di Shiva.
    Il secondo piano o piano psichico (Visnu nell’induismo, il Logos per Eraclito e nel cristianesimo) è la permanenza dell’essere (Visnu) o il principio regolatore della realtà (il Logos), ciò che dà ordine e permanenza agli enti che, tra le infinite possibilità del primo piano, vengono alla luce a seguito dell’azione illuminante del Logos. Su questo piano, sul risultato materiale dell’attività del Logos, si basano le nostre conessioni logiche, la nostra ricostruzione scientifico-filosofica del mondo.
    Il terzo piano o piano spirituale (la Grande Madre nell’induismo, il fuoco in Eraclito, lo Spirito Santo nel cristianesimo) è il piano del valore delle cose, che corrisponde alla terza delle virtù teologali, amore o carità, che fa appello a facoltà conoscitive essenzialmente diverse dall’anima desiderante-logica (cioè relativa al primo e al secondo piano), che non sono riducibili alla ragione come principio calcolante, dunque, ma riguardano una virtù del “lasciar essere l’altro in quanto altro”, non a caso nelle due religioni che cito là sopra è rappresentata da due principi intrinsecamente femminili.
    Mentre il cristianesimo ha un’etica irriducibile (come dice Hume) che si concretizza nella percezione del reale valore degli enti (quello che ci sfugge quando siamo depressi, quando, per dirla col Vangelo, lo Spirito non soffia lì dove siamo), il buddhismo dunque ricava la sua etica dal primo e dal secondo piano, cioè dall’egoismo desiderante del fondamento oscuro e dal ragionamento del piano ordinatore, non a caso nell’induismo Buddha e accettato come incarnazione di Visnu, cioè del piano del Logos. In questo senso il buddhismo è nichilista: non riconoscendo reale entità e valore agli enti, che sono mere manifestazioni dell’unica sostanza senza con ciò recare un surplus di valore. Il bodhisattva che non accede al Nirvana lo fa per fare in modo di aiutare anche gli altri a salire allo stadio del non-io; di fatto è una riunificaizone di una sostanza che elimina le individualità: dunque solo apparentemente il bodhisattva si attiva per il bene degli altri, in realtà si sta attivando per la riunificazione dell’unica sostanza. Nel cristianesimo il Logos – come figura di Cristo, il Verbo – ha invece un ruolo costruttivo nella stimolazione ad accedere al terzo piano, al piano dello Spirito che è proprio la volorizzazione delle singole individualità: il messaggio dei Vangeli è una spiegazione verbale dei limiti del verbo, ispira la mente a fermarsi (questo è spiegato dettagliatamente nel non canonico Vangelo di Maddalena) per lasciare che lo Spirito soffi (Giovanni: “Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi). Il più grande peccato nel cristianesimo è la bestemmia allo Spirito, cioè al valore irriducibile degli enti.

    Passando dall’etica all’ontologia, se ti può interessare, la filosofia occidentale non è sempre necessariamente determinista. Non solo Epicuro aveva introdotto un principio di indeterminazione, il clinamen, nella fisica atomistica di Democrito (e questa è un’intuizione interessante in relazione al secondo principio della termodinamica), ma sul piano meno strettamente fisico e più strettamente ontologico, la tradizione mistica cristiana imperniata sul libero arbitrio culmina nella filosofia della natura di Schelling che sistematizza la questione trinitaria dei tre piani che ho malamente esposto là sopra riconoscendo l’indeterminatezza nell’essenza del primo piano.

  34. @Jacopo Nacci

    Per me la relatività einsteiniana è importante perchè supera Newton e il conseguente determinismo ed apre il campo all’identità massa-energia ovvero al continuum energetico di cui noi stessi facciamo parte.

    Per Newton , la luce che, non ha massa, non deve essere deviata da oggetti massivi e tutto si deve svolgere, in assenza di forze, su traiettorie rettilinee.

    Per Einstein invece , un oggetto massivo devia la luce !

    Einstein arriva a questo risultato coi calcoli nel 1905 . Fino a quel momento può essere considerato un fisico teorico,un pensatore quindi.
    L’astronomo A.Eddington perviene a una verifica sperimentale di quanto prospettato da Einstein nel 1919 sfruttando un’ eclissi di sole e la presenza di un ammasso stellare (Jadi)in congiunzione col sole stesso!

    Personalmente mi sembra abbastanza ovvio il mio percorso mentale da continuum energetico a “bene comune” , chiaramente non pretendo che lo sia per gli altri, ma sono certo che, se ci fosse maggior conoscenza di questi fatti , il concetto di “bene comune” avrebbe più seguito mentre ora è quasi inesistente.

    Il Buddismo e il nihilismo li conosco poco e male , quindi non mi sono ispirato ad essi e non so se sono una sconfitta.

    La questione del greco non è metafora.
    Ho semplicemente notato, e allora ero un perfetto newtoniano determinista , che l’interpretazione di un testo si prestava a mille sfaccettature interpretative,
    ma l’osservazione non si riferiva ad Einstein, piuttosto al tipico dibattimento da blog come è stato il nostro.

  35. @Gaio,
    non ho capito questa ultima risposta. Semplicemente il passaggio dal continuum energetico al bene comune riecheggia certi atteggiamenti buddha-nichilisti di Capra, che criticava Cartesio mentre di fatto lo sposava, quindi rimaniamo nell’ambito dell’egoismo; non è un problema, ho detto dall’inizio che sinceramente non condivido perché mi pare già una sconfitta (come il buddhismo del resto).

    I campi filosofico e scientifico viaggiano insieme benissimo: dai un’occhiata a quello che sta facendo il Phenomenology Lab, o Giacomo Rizzolatti sui neuroni specchio.

    Confesso che mi sfugge il legame – se non è metaforico, anche qui – tra relatività einsteniana, tolleranza e versioni di greco rispetto a ciò di cui si sta discutendo. Buona giornata. 🙂

  36. @Jacopo Nacci

    Ho semplicemente detto, ed è il mio pensiero, che penetrare meglio i caposaldi della scienza mi fa comprendere meglio il concetto di bene comune e che
    fino al relativismo einsteiniano erano solo i filosofi che provavano a capire l’essenza intima della natura.
    Anche Ilya Prigogine, proveniendo da studi classici e filosofici, ha scritto un romanzo intitolato La Santa Alleanza dove annunciava che era possibile che i due campi del sapere scientifico ed umanistico filosofico
    marciassero in sincronia.
    Evidentemente in questo si sbagliava.
    Capire il relativismo einsteniano mi rende più tollerante verso le opinioni altrui, che è il primo passo per praticare il concetto di bene comune.
    Poi c’è sempre la questione di come si interpreta un fatto, cioè ognuno a modo suo…ma di questo mi ero già accorto al liceo (classico) quando traducevo greco e poi leggevo come traducevano gli altri.

  37. Siete bellissimi comunque! Sarebbe davvero bello se l’autore del post commentasse! Eh Maurino..? Così, come chiusura…

  38. Ah, naturalmente sul fatto che “l’essere umano è, semplicemente, energia vivente inserita in un continuum energetico che è l’Universo” non ho nulla da obiettare, perché è vero.
    Ma lo è sempre stato, e sono sempre esistiti gli infami e le persone buone.
    Il fatto che oggi lo si sappia forse con maggior consapevolezza e meno a naso, non cambia le cose: posso essere perfettamente cosciente di essere energia inserita nel continuum e ciononostante fare porcate.
    Quindi, semplicemente, non credo questo:
    “dovremmo capire molto meglio come siamo fatti dentro per arrivare ad amare il ns prossimo” (naturalmente se inteso in termini fisici, quantistici e biologici), perché il prossimo lo si ama o non lo si ama: la ragione è lui, indipendentemente da quello che so di me, altrimenti, semplicemente, non stiamo parlando d’amore.

  39. Rispondo velocemente anche io.

    “Nella antichità e fino al XIX sec era così, ma da Einstein in poi è tutto velocemente cambiato.”

    Questo sempre presupponendo che gli ambiti di studio siano gli stessi, ma così non è.
    La differenza è concettuale.
    Anche fosse dimostrato, faccio un esempio ipotetico, un ruolo del collasso della funzione d’onda nella costituzione della realtà degli oggetti medi, questo avrebbe mere ripercussioni sulla nostra conoscenza di come accadono le cose; del perché fare accadere certe cose e non altre, invece, continuerebbe a occuparsene l’etica, grazie al cielo.

    Del resto, mentre Einstein riceveva il nobel e Heisenberg incontrava Bohr, Max Scheler generava una biforcazione nella storia del pensiero che è spiegabilissima in termini deterministi.

  40. @Jacopo Nacci e Andrea Zucchi

    Personalmente ho aderito al concetto di bene comune quando, studiando la fisica moderna, che supera di gran lunga quella deterministica classica, ho capito che l’ essere umano è, semplicemente, energia vivente inserita in un continuum energetico che è l’Universo.
    La nostra è energia che rivive continuamente così come quella di tutte le speci viventi sia animali che vegetali, solo che siamo al top della evoluzione, ma il nostro nascere proviene da una biforcazione e sono biforcazioni tutti gli episodi chiave che in un modo o nell’altro ci cambiano la vita.
    Non si vuole stupire nessuno … è semplicemente così, tutto proviene dal brodo della natura.
    Intorno agli essere viventi ,un mare di energia, ad esempio i fotoni, che li nutre.
    Uno scienziato, di cui al momento non ricordo il nome, visto che rispondo in fretta per non perdere lo spirito del blog, ha dimostrato che all’interno dell’uomo sano non ci sono fotoni.
    Al contrario appaiono e si moltiplicano quando l’uomo è malato e si prepara a lasciare il proprio veicolo biologico.
    Non so a voi che effetto fa una cosa del genere.
    Per me è stata una biforcazione.
    L’uomo esso stesso Ambiente e Universo ci avvicina più facilmente al concetto di bene comune e su questo sono molto d’accordo con Andrea.
    Jacopo Nacci invece è intimamente più filosofo , anzi direi che è un socio-filosofo e preferisce le categorie del pensiero.
    Nella antichità e fino al XIX sec era così, ma da Einstein in poi è tutto velocemente cambiato.

  41. @Gaio
    dimenticavo: grazie per l’autocensura di “JaNacci”. 😉
    Lo so che c’è una enne di meno, ma mi ricorda Jannacci, mi fa brutto.

    @Andrea,
    sono sostanzialmente d’accordo anche se potremmo parlare per ore di mistica e di come il bene che senti facendo del bene rischia di scomparire quando la mano destra sa cosa fa la sinistra, ma direi di chiuderla qui.
    Sintetizzo: sono d’accordo. 😉

  42. @Gaio,
    sinceramente non capisco la necessità di ricorrere a metafore provenienti da discipline che s’occupano di tutt’altro per spiegare cose che esistono da sempre e che il linguaggio comune spiega benissimo. Ho sempre il sospetto – e lo so che è peccato – che ci si voglia strabiliare di qualcosa che sarebbe già strabiliante comunque.
    Il concetto di biforcazione, per esempio, se spogliato dell’armatura termodinamica e considerato dal mero punto di vista delle dinamiche sociali, mi dice semplicemente che c’è una biforcazione, termine e concetto che la lingua e la nostra visione del mondo già contemplavano.
    Capisco bene il discorso per cui “questa idea che la natura è erratica ed improvvisa è molto anti-deterministica e questo va bene per aiutarti all’idea che non devi essere manovrato da leggi superiori”, ma esistono discipline che si occupano di queste cose senza bisogno di importare terminologie altre per poi usarle in senso metaforico; perché se parliamo di oggetti medi, il discorso è sempre metaforico: l’essenza degli oggetti medi, anche e soprattutto degli esseri umani, è intrinsecamente diversa dalla natura quantistica e dai macrosistemi: gli oggetti medi hanno caratteristiche inedite, emergenti dal complesso delle loro parti, che li differenziano dagli oggetti quantici, e gli esseri umani hanno caratteristiche che li escludono dal dominio delle leggi dei macrosistemi cosali; gli oggetti medi andrebbero studiati per quello che sono, insomma. Mia opinione.

    Quanto al DNA, esistono i santi (e parlo di un sacco di gente, non di quelli del calendario), e non è mai stato dimostrato che siano tutti mutanti. Ne basta uno per dimostrare che il nostro corredo genetico ha tutte le carte in regola per orientarsi al “tu”. Purtroppo – e questo è il problema dell’età dei lumi – proprio la visione biologista ci ha convinto del contrario. Sempre mia opinione.

    Buona mattinata!
    Chiedo scusa all’autore del post, spero che questa chiacchierata non risulti fastidiosa.

  43. Se vogliamo una sintesi finale c’è, anche sul concetto di bene comune: è verissimo che sarebbe tristissimo pensare ad esso solo in funzione di un qualsivoglia ritorno che ha in realtà per noi. Però caro Jacopo, perlomeno nelle questioni che dalla materia finiscono nella psiche, che alla fine penso siano tutte, questo è vero e non vero. Se aiuto una persona che sta male, starò meglio anche io. Ma io l’ho fatto per questo ritorno, o perchè è giusto? Se faccio il bene comune del mondo, lo faccio perchè è giusto o per me? Sapete che una qualsiasi malattia genera un vantaggio secondario per chi ce l’ha (ad esempio per il fatto di ricevere più attenzioni, di essere esentato dal fare qualcosa, se non meramente ed economicamente di percepire una pensione), e questo forse non vale solo per l’uomo. Pensa alla siccità in Sicilia: si potrebbe risolvere, ma le mafie politiche continuano a gestire il vantaggio secondario degli aiuti extra per le aree in emergenza idrica. O dei rifiuti\inceneritori. Risolvere una nevrosi è anche sostituire questi benefici secondari con altri, più sani e più veri (ma attenzione, sono veri anche questi!). Ebbene, forse il concetto di Bene Comune, come quello dell’altruismo (e non dell’assistenzialismo!) , consente proprio di spostare il vantaggio secondario sul versante sano. Io rispetto l’ambiente perchè è giusto, l’ambiente da questo aiuto ricava un vantaggio sano, io pure (sia psichico che fisico). Ma non l’ho fatto solo per il mio vantaggio, ma per rispondere alla mia morale. O no?
    Penso poi che questa cosa del doppio vantaggio, o guadagno, abbia un nome anche nella fisica cara a Gaio, ma non ne ricordo il nome della legge…

  44. @Jacopo Nacci

    Mi piace molto Ilya Prigogine e il suo concetto di biforcazione che avviene nei sistemi dissipativi lontano dall’equilibrio perchè introduce un elemento di erraticità improvvisa nella natura da cui nascono nuovi eventi.
    Quest’idea che la natura è erratica ed improvvisa è molto anti-deterministica e questo va bene per aiutarti all’idea che non devi essere manovrato da leggi superiori. Quindi Prigogine, almeno per come lo vedo io, non inventa “leggi sulla folla”, ma penetra profondamente il concetto di natura erratica ed anti deterministica.Tra l’altro credo che sia stato molto attaccato proprio per questa visione, nonostante il Nobel, conferitogli con 20 anni di ritardo e solo quando le sue intuizioni sono state sperimentate come vere (orologi chimici).
    Invece sono d’accordo con te quando dici che non si deve alimentare il concetto di bene comune in relazione ai problemi della sostenibilità energetica.
    Io credo che dovremmo capire molto meglio come siamo fatti dentro per arrivare ad amare il ns prossimo.
    Purtroppo, attualmente, lo stadio della ns evoluzione ci rende profondamente attaccati alla ns vita , al ns sostentamento e al ns alter ego , dunque, alla radice delle cose, siamo naturalmente portati al contrario del bene comune. E’ una questione di DNA.
    Se sapremo penetrarlo fino in fondo, il DNA, non avremo bisogno comunque di andare in tribunale e potremo capire meglio il tormento di Bernini che trasforma una materia griglia in una quasi vivente.

  45. @Gaio
    – a parte che era una citazione, l’ho presa così com’era, da uno spledido libello di una tra i più grandi scrittori viventi – il punto è che l’età dei lumi ha rappresentato sia l’uscita, doverosa, dalla minorità mentale, cioè l’assunzione delle proprie responsabilità, sia l’annichilimento del valore delle cose, ridotte a mezzi misurabili per un fine personale.
    Per esempio io contesto l’idea di bene comune non perché non la condivida negli obiettivi, ma perché la reputo già una sconfitta: dover ricorrere all’argomento per cui la decrescita è necessaria all’egoismo di tutti, significa ammettere implicitamente che non siamo più in grado di pensare il bene dell’altro di per sé, senza un ritorno personale.
    Ma quello che è peggio, e qui vado in direzione opposta ad Andrea pur essendo sostanzialmente d’accordo con lui, è la seduzione della tecnica: facciamo le cose perché è possibile farle, il fine diventa un mezzo e il mezzo diventa un fine; come si diceva con Andrea qualche tempo fa, si prende l’ascensore invece che scendere dieci scalini perché semplicemente si può fare.

    Trovo concettualmente ostico pensare per sistemi come fa Prigogine; le sue cose, benché poeticamente affascinanti, mi fanno lo stesso effetto di certe letture sulle presunte “leggi della folla” per analizzare un gruppo di persone che in realtà sono, malauguratamente per quelle “leggi”, dotate ognuna di un principio d’individuazione e di un libero arbitrio. La complessità c’è sempre stata, è già considerata nel determinismo di Spinoza ed è una questione puramente logica che la matematizzazione del secolo XVII dava per scontata.
    Per quel che mi riguarda, come ti dissi molto tempo fa – e qui mi ricollego al discorso su misurabilità vs valore – sono ancora d’accordo con Socrate quando dice che la fisica mi spiega come mi muovo, dalla neurofisiologia alla meccanica dei muscoli, per andare in tribunale a farmi processare; il perché io trovi giusto andare in tribunale a farmi processare e il perché io di fatto ci vada, questo la fisica non me lo spiega, e se ci prova sta tralasciando qualcosa di fondamentale.
    Tra la composizione del marmo e Il ratto di Proserpina di Bernini c’è una bella differenza.

    P.S.: ti prego, no: “JaNacci” no, altrimenti finiamo a litigare anche più rapidamente delle altre volte… 😉

  46. @AZucchi

    E’ la tecnologia che è asservita ai potenti del consumo-capitalismo.
    La scienza è altra cosa rispetto alla tecnologia e, per fortuna, è in mano agli uomini di scienza che continuano incessantemente a studiare come funziona l’Universo.
    Magari con pochissimi fondi provenienti dal pubblico, ormai svuotato di tutto, vanno avanti perchè spinti dallo spirito di Ulisse.
    Ho letto di valenti matematici o fisici morire di stenti ma consegnare prima alla comunità scientifica
    studi, ricerche e scoperte eccezionali.

  47. Lo so Gaio che la scienza in realtà va avanti, ma ha sempre e comunque troppo poco spazio nel capitalismo-consumismo che la indirizza principalmente verso creazioni finalizzate al mercato, quando addirittura non la blocca, o censura, quando si fa pericolosa per uno status quo: mi riferisco in particolare al campo bio-medico, e a quello chimico-energetico, dove potevamo essere già arrivati (e magari lo siamo pure…) a rimedi contro i tumori o l’AIDS, o a combustili\motori puliti, e invece siamo sempre fermi allo stesso punto. La ricerca è sottomessa al volere dei soliti potentati, semplicemente lasciandola affamata, così quella pubblica non ha forza, e quella privata viene indirizzata ovviamente da chi la possiede, che difficilmente penserà non ai suoi affari ma prima al Bene Comune…e torniamo sempre qui!

  48. @JaNacci
    Certamente che c’è dell’altro!
    Sto aspettando una fluttuazione o meglio ancra, come dice Ilya Prigogine, una biforcazione!
    La natura ne è piena e,quando avviene, sempre lontano dall’equilibrio, si genera un evento, ed un evento dopo l’altro, si genera il tempo che è la dimensione esistenziale della ns vita.
    Personalmente attendo un evento che porti a un cambiamento di modello.
    Questo di ora mi ha proprio stufato ed è tutt’altro che l’Età dei Lumi! Di Beccaria in giro ne vedo pochi!

  49. “Ma forse pensi che ci sia dell’altro, forse pensi che ave­vate com­preso il signi­fi­cato dell’Età dei Lumi (anche se, per come la vedo io, non vi aveva fatto un gran bene)”

    Jamaica Kincaid, “Un posto piccolo”, Adelphi

  50. @Azucchi

    Ci siamo fermati nella vita sociale perchè il consumo capitalismo mediatico lo prevede canonicamente ed una larga maggioranza ne è tristemente infatuata (vedi l’ultima provocante osservazione di Diares 45), ma la scienza è andata molto avanti.
    Purtroppo i progressi della scienza, nonostante le numerose pubblicazioni divulgative, non sono “martellati continuamente” al pubblico come lo sono i prodotti più o meno effimeri del consumismo.
    Sto leggendo un libro dove si parla di cosmologia e dove ho imparato che una stella di soli neutroni (senza cariche elettriche) può avere un diametro di poche centinaia di metri e avere una massa centomila volte maggiore dell’Empire State Buildings !
    Una cosa del genere personalmente mi meraviglia molto di più di 3 super gnocche con tacco 15…ehe eh

  51. Eh lo so, caro Gaio. Io ancora continuo ad impressionarmi per l’altissimo livello, in tante conoscenze, degli antichi. Ed in particolare vedere come riuscivano a calcolare le traiettorie celesti e solari – facendo cadere precisamente al solstizio od all’equinozio un raggio di sole nell’entrata di una tomba o in un preciso punto di un monumento religioso – fa sentire me, come un rozzo cavernicolo! Poi se penso ai progressi della scienza da allora, cioè oltre 4mila anni fa, e vedo dove ci siamo fermati, mi avvilisco proprio…

  52. @AZucchi
    I binari rupestri di allora equivalevano ai reticoli grigliati dei moderni telescopi.
    Lo studio della cosmologia ha da sempre affascinato l’uomo.
    Il primo astronomo dell’era moderna che si è accorto della presenza della cosiddetta materia oscura è stato Fritz Zwicky (1933), ma nessuno ci fece caso .
    Ancor più di lui è arrivata alle stesse conclusioni, ma con molti più dati osservati e una mole enorme di calcoli, Vera Rubin .
    Nel 1950 ha presentato le sue ricerche ma , dato che era donna ed in astronomia imperava il sesso forte, non le credettero.
    Solo negli anni ’80, con molti altri studi effettuati con tecnologie sempre più raffinate, gli studi della Rubin e l’intuizione di Zwicky sono stati riscoperti e rivalutati.

  53. Bellissimo Maurino! Sto cercando di far rimbalzare nella mente tutto ciò che ho visto delle civiltà antiche più disparate, e l’unica cosa che mi ricordano quei “binari” è un posto sperduto sui monti liguri, forse addirittura coevo del Fuerte, o precedente, dove ci sono diversi di questi solchi parallelli (ma un pò più piccoli), sulla sommità di una collina sacra, piena di incisioni rupestri (e naturalmente, e forse fortunatamente, lasciata in abbandono e non segnalata), a pochi chilometri da un grande cerchio di pietre del diametro di 100 metri.
    Ho dato un’occhiata su Wiki, e in effetti la cosa forse più plausibile è quella lì sostenuta: che quelle due linee parallele indichino una precisa direzione celeste. Se si considera quanto fossero più evoluti rispetto a noi i popoli antichi nello studio della volta celeste, non mi stupirebbe. Su Wiki dice che nel caso del Fuerte quelle indicavano Venere e Giove al momento del passaggio della cometa di Halley, nel 1066.
    Comunque sia immagino che quel posto sia potente e pieno di energia, e spero ce ne mostrerai altri! Anche il Che nel suo viaggio per il Sudamerica ne ha visti parecchi, sai..?
    Un abbraccio

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