Barba incolta, capelli folti e disordinati e il “Libretto Rosso” di Mao Tse Tung in mano. Non è la descrizione di un semplice militante di sinistra, ma è l’immagine che ha reso celebre uno dei calciatori tedeschi più importanti e discussi degli anni 70 e inizi anni 80. Sto parlando di Paul Breitner.

Nasce dopo la grande guerra, nel 1951, a Kolbermoor, cittadina della Baviera, cresce nella vicina Freilassing dove incomincia la sua carriera calcistica nelle giovanili del ESV Freilassing, e a 19 anni accede al calcio professionistico come terzino sinistro del Bayern Monaco.
Paul Breitner è un estimatore dei testi di Marx e di Mao Tse Tung e si schiera politicamente con quella Germania che si estende al di là del muro. E’ certamente una figura rivoluzionaria negli ambienti calcistici. Rompe gli schemi di un sistema non abituato all’impegno politico e, in un contesto di aperta Guerra Fredda, la sua fede politica è spesso causa di tensione e di discussione.

In campo esprime al massimo la sua personalità competendo alla pari con una leggenda del calcio come Franz Beckenbauer e diventa, in breve tempo, un protagonista scomodo ma necessario del Bayern Monaco. Questo turbine di talento e tenacia non passa inosservato, così nel 1971 risponde alla chiamata della nazionale della Repubblica Federale Tedesca per onorare i colori della sua nazione. Vince gli europei nel 1972, mentre nel 1974 si aggiudica i mondiali, battendo in finale la favoritissima Olanda per 2-1. Sigla la rete della rimonta tedesca su calcio di rigore, dopo il temporaneo vantaggio olandese.

Dopo la vittoria del mondiale, Breitner lascia il campionato tedesco per giocare nelle fila del Real Madrid, squadra molto vicina al regime franchista e alla corona spagnola. Il bavarese sa benissimo che militare nella squadra di un dittatore come Franco non è coerente dal punto di vista ideologico, ma Breitner ritiene che il calcio venga prima della politica. Pertanto a Madrid pensa solo a compiere bene il suo lavoro senza curare l’aspetto politico. In Spagna vince due campionati, una coppa di Spagna ma non riesce a conquistare la Coppa dei Campioni. Nel massimo torneo europeo è nota l’eliminazione in semifinale del Real di Breitner ad opera del Bayern Monaco, dove il calciatore tedesco viene coperto di fischi dai suoi connazionali.

Nel 1977, su invito della moglie, ritorna a giocare in Bundesliga per una piccola parentesi nell’Eintracht Braunschweig. Infatti, nella stagione seguente riprende a indossare la maglia rossa del suo primo amore, il Bayern Monaco. Il club di Monaco di Baviera non è più quell’armata invincibile che aveva dominato la scena calcistica tedesca ed europea di gran parte degli anni 70, ma una società in una fase di transizione. Senza Beckenbauer e gli altri campioni, Breitner prende la leadership della squadra e in poco riesce a portare il Bayern Monaco ai livelli che gli competono.

Ai mondiali argentini del 1978 viene convocato in nazionale, ma il “maoista” non intende partecipare per dissentire contro la dittatura militare argentina di Jorge Rafel Videla, responsabile di una sanguinosa repressione.
Si ripresenta con la maglia della nazionale ai mondiali di Spagna 82 dove conquista per la seconda volta la finale. Questa volta, però, è l’Italia a vincere la coppa del mondo che batte la Germania per 3-1. Il “capellone” dagli occhi di ghiaccio ha il merito inutile di segnare il gol della bandiera.

Dopo la finale di Spagna 82 il difensore bavarese decide di abbassare il sipario sul calcio giocato.
Ora Paul Breitner è comodamente seduto nell’olimpo dei grandi calciatori e lavora come osservatore per il Bayern Monaco, la sua eterna squadra. Le diffidenze per le sue idee di stampo comunista e l’ostilità di Beckenbauer e compagni hanno rappresentato per Breitner delle ottime motivazioni per pretendere il massimo da sé stesso e ottenere vittorie sul campo e fuori. Della serie… come trasformare le difficoltà in opportunità.

3 Commenti

  1. La scelta di giocare nel Real di Franco fu fatale per la sua coerenza politica. A quel tempo molti compagni di sinistra lo accusarono di tradimento.

  2. @alessandro
    Ma tu hai capito perché potesse giocare nel Real di Franco perché “il calcio è più importante della politica” e poi non potesse giocare ai mondiali argentini di Videla? Forse Franco era meno fascista di Videla? Campione di calcio si, forse di coerenza no.

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