i membri condannati della Commissione Grandi RischiOggi la rubrica Sostenere l’Insostenibile vuole uscire un po’ fuori dalle tematiche ambientali e parlare di coscienza civile, di opinione pubblica, di scienza e politica.

Ho trascorso gli ultimi giorni a leggere e cercare le molteplici declinazioni ed interpretazioni della notizia sulla condanna della Commissione Grandi Rischi, connessa al sisma aquilano, e i relativi infiniti commenti che hanno infiammato l’opinione pubblica e, ovviamente, il web. Ho provato soddisfazione, rabbia, nervosismo, perplessità. Mi sono chiesta quale sarebbe stato il mio pensiero se non fossi nata a L’Aquila e non avessi subito “quel” terremoto e tutto ciò che lo ha preceduto e seguito. Vorrei scrivere fiumi e fiumi di parole e cercare di spiegare o semplicemente di zittire tante, troppe voci che echeggiano nell’etere in questi giorni. Vorrei avere l’autorevolezza per scrivere ed essere letta o per fare dichiarazioni pubbliche e, allo stesso tempo, vorrei solo mettere un punto alle polemiche e ai futili e azzardati opinionismi.

Ma non posso. E non posso far finta di non aver letto e non essermi sentita offesa dalla tanta indignazione che ha suscitato questa sentenza. Perché, come al solito, in questo Paese sono tutti bravi a parlare e a dire la propria, perché siamo in un Paese libero, perché creare polveroni mediatici è un hobby diffuso e purtroppo consolidato, perché restare in silenzio, qui, è un gioco per bambini piuttosto che l’atteggiamento di adulti dalle sviluppate capacità intellettive.

Rammarico è giunto da buona parte della classe politica, ma anche dal Governo, tanto che Corrado Clini, Ministro dell’Ambiente, ha espresso un’opinione che ha del comico: “Hanno ragione quelli che dicono che l’unico precedente a questa sentenza è quello di Galileo Galilei”. Davvero? Oibò, non ricordavo che Galilei si fosse reso co-responsabile di una strage con le sue affermazioni scientifiche.

Anche la Protezione Civile ha fatto presente che la prima conseguenza della sentenza di condanna sarà “la paralisi delle attività di previsione e prevenzione”, con il “rischio di tornare indietro di 20 anni”. Peccato che io non mi sia accorta della presenza di un’attività di previsione e soprattutto prevenzione, in Italia. La Protezione Civile nazionale non ha mai ricevuto l’incarico di organizzare attività di simulazione almeno nelle città ad alto rischio sismico (non che i parametri utilizzati e dichiarati finora siano stati tanto corretti, visto quanto accaduto di recente nella “sicurissima” Emilia); non sono mai state create in tutto il territorio nazionale strutture di ricovero in grado di proteggere la popolazione e di accoglierla anche solo in momenti di paura successivi ad una scossa; non sono stati concordati, insieme all’apparato scientifico, dichiarazioni univoche da rilasciare in situazioni critiche, ad esempio di sciame sismico persistente. Ma si è fatta politica, anche qui. Basti ricordare le parole di Bertolaso alla vigilia della riunione della Commissione a L’Aquila, il 31 marzo 2009: “[…] Quindi è ovvio che la verità sulla situazione non la si dice. Fate un comunicato stampa con le solite cose che potete dire sull’argomento e non si parla della vera ragione della riunione”.

Il mondo della scienza, neanche a dirlo, si stringe in un abbraccio solidale intorno ai poveri sette condannati in primo grado (ma tranquilli, mi viene da dire, ci sono altri due gradi di giudizio da usare perché possano tornare a rilassarsi sul proprio divano di casa). L’illustre Piergiorgio Odifreddi osa un’apologia del ruolo dello scienziato: “La ragione, o anche solo il buon senso, dovrebbero portare a ringraziare gli scienziati per ciò che sanno e riescono a fare, e non a condannarli per ciò che non sanno e non possono fare: come le previsioni dei terremoti, appunto, che ancora non sono sicure neppure in Giappone, figuriamoci in Italia. […] Naturalmente, gli esperti sono responsabili dei pareri che hanno dato, e che risultano dal verbale. Non sono responsabili dei suggerimenti che la protezione civile ha ritenuto di dover dare alla popolazione, in seguito a questi pareri.”

Un bravo giornalista, Piero Ostellino, ha cercato di spiegare le ragioni di questa condanna, considerandola una sentenza politica. “In un Paese normale – dove la competenza la si giudica con criteri scientifici e meritocratici – la Politica si sarebbe assunta la responsabilità delle proprie manchevolezze. Soprattutto nella concessione di disinvolti permessi di costruzione e di abitabilità in zone sismiche e altrimenti pericolose. E avrebbe fatto una onesta riflessione circa il proprio ruolo nella circostanza e rimosso i sette «per incompetenza»”. Si è invece dovuti giungere ad un processo e ad una condanna penale, per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. Probabilmente il giornalista ha ragione, ma non credo che in questo caso siamo di fronte soltanto ad incompetenza che diventa reato per mancanze da parte dei politici. L’incompetenza e la superficialità e la mancanza di etica e professionalità diventano anche reato se contribuiscono a rendere delittuoso un evento catastrofico.

I membri della Commissione Grandi Rischi avrebbero dovuto dimettersi il 31 marzo 2009, quando, in accordo con il Governo e il capo della Protezione Civile, scelsero consapevolmente di prestarsi all’operazione mediatica volta a sedare e tranquillizzare la popolazione allertata dagli eventi in atto già da mesi. Invece è ora, con risentimento e sgomento, che l’intero ufficio di presidenza della commissione nazionale ha deciso di consegnare le sue dimissioni. Adesso? Se fossimo in un Paese guidato da onestà e giustizia, quella gente si sarebbe dovuta dimettere dopo aver partecipato ad una riunione ridicola conclusasi con una verbalizzazione firmata sette giorni dopo, a terremoto avvenuto, “per ragioni interne”, come disse ai membri Mauro Dolce, capo ufficio rischio sismico della Protezione Civile.

“I sismologi sono l’anello debole. Il numero delle vittime di un terremoto è proporzionale al livello di corruzione di ogni Paese, è scientificamente provato”, è quanto dichiara oggi Enzo Boschi. Bene, allora perché tanti professionisti, esperti o scienziati non si sono opposti a certi giochi di potere? Perché non hanno alzato la mano quando la trasparenza ha ceduto il passo alla convenienza? Perché hanno barattato la propria competenza e la propria rettitudine con prestigiosi e lauti incarichi?

Ciò che sconvolge di più, al di là di tutto, è l’interpretazione distorta che i media hanno dato e stanno dando della notizia relativa alla condanna della Commissione Grandi Rischi. Secondo gran parte dei mezzi di informazione e i vertici del mondo politico, della scienza e della Protezione Civile, i sette imputati sarebbero stati condannati per non aver previsto il terremoto. E su questo nulla da controbattere, ad oggi non ci sono ricerche, universalmente accettate, impostate sulla prevedibilità degli eventi sismici.

La condanna, però, non si basa sul fatto che quei sette membri avessero dimenticato a casa la sfera magica, quanto piuttosto sulla scelta – e ripeto, scelta – di dichiarare alla popolazione “State tranquilli, lo sciame sismico è un buon segno dal punto di vista geologico, per questo continuiamo a non dare allarme”. Che poi, diciamocela tutta, se avessero semplicemente detto “Non possiamo essere certi di nulla, fate ciò che vi fa sentire più al sicuro, vi terremo aggiornati” o qualcosa del genere, nessuno li avrebbe mai condannati, moralmente prima che giuridicamente. E tanti avrebbero fatto ciò che la paura li avrebbe spinti a fare, ovvero uscire di casa e salvarsi.

Vorrei rivolgermi agli scienziati che ora si sentono minati da questa sentenza, che costituisce un precedente storico, e che inibirebbe il loro lavoro. Mi hanno insegnato che la scienza si basa su numeri, certezze, studi comprovati. L’attività di ricerca permette di maneggiare dati reali, che possono essere – o meno – deterministici rispetto ad un fenomeno. Il mondo scientifico dovrebbe essere più di altri titolato a parlare, ad esporsi, a giudicare in base ai propri studi. Se ciò non è possibile, lo scienziato è moralmente obbligato a sventolare bandiera bianca e a tirarsi indietro piuttosto che scegliere la strada politica, di negoziazioni e dichiarazioni del tutto confutabili e rettificabili. Se non lo fa, allora deve essere pronto a prendersi la responsabilità delle proprie affermazioni.

Se un terremoto non può essere previsto, non è possibile prevedere il contrario, ovvero che esso non avrà luogo. Ed è questo il punto. La Commissione Grandi Rischi si è presa, suo malgrado, la responsabilità di prevedere l’imprevedibile, salvo poi cambiare idea e alzare le mani in segno di innocenza. A volte, quando non si è convinti di qualcosa, quando non si conosce, quando si ha a che fare con vite e calamità, sarebbe meglio tacere. Ed evitare di dare opinioni, di dichiararsi indignati, di gridare allo scandalo.

Sarebbe bello se coloro che si sentono in diritto di parlare preferissero informarsi. E parlare con chi quel 31 marzo era davanti a radio, tv e giornali e ha tirato un sospiro di sollievo, canzonando figli, parenti e amici che fino a quel momento avevano preferito dormire in macchina per paura. Paura a cui poi si è aggiunto un senso di colpa che non li abbandonerà più.

Quasi certa che in Appello o in Cassazione il giudizio cambierà, ecco, mi auguro solo una cosa: che quei sette (e tanti altri insieme a loro) non vengano mai abbandonati dal senso di colpa devastante che trasforma l’esistenza. E le migliaia di persone che li sostengono e giustificano… Beh, che possano provare sgomento di fronte a chi si permette di essere superficiale e sbrigativo giocando sulla pelle dei propri cari. E, già che ci sono, imparino a tacere.

2 Commenti

  1. @Eleonora

    A mio parere i giudici hanno fatto bene a condannare il funzionario della PC che ha diffuso notizie di passato pericolo, per il semplice motivo che il fenomeno sismico è da trattare a livello di probabilità e di prevenzione e nulla è mai certo.
    A livello statistico si sa che l’edilizia progettata con le norme sismiche resiste al cosiddetto “terremoto di progetto” previsto dalla norma per quella zona sismica.
    “Resiste” significa che è in grado di dissipare al suo interno, fratturandosi non troppo da diventare labile, tutta l’energia del sisma di progetto e ciò dà il tempo agli abitanti di evacuare.
    Ora, a parte il fatto che lo stesso sisma di progetto è un’ approssimazione semplificativa, quello che è certo è che si doveva conoscere, da parte della protezione civile, la vulnerabilità sismica del tessuto edilizio del centro storico del capoluogo abruzzese e che questo fatto doveva consigliare la massima cautela ed invitare quindi la popolazione a stare lontana dalle case.
    Posso capire la gente comune che , specie in circostanze simili, può aver bisogno di essere rassicurata e comunque questo è un errore, ma un funzionario della PC non può essere così approssimativo.
    La levata di scudi a sua difesa è l’ennesima prova del corporativismo che permea la nostra società.
    Ora bisogna osservare come la sentenza si trasmuterà in qualcosa di più benevolo ed anche questo è un modo tipico italiano della ns giustizia.

  2. il tuo ragionamento è limpido e chiaro. le parole di chi giustifica certi comportamenti sono la misura della loro eticità. ora tocca ai cittadini uscire dall’imbonimento di una informazione pilotata e fare sentire la propria voce e chiedere giustizia per le vittime di tanto cinismo e indifferenza.

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